Andate a zappare… l’orto
Di Davide Bianchi
Quest’anno una classe prima elementare dell’IC “P. Baffi” di Broni per il quale lavoro attuerà un progetto promosso dalla rete Slow Food, intitolato “Slow Food orti a scuola”. L’iniziativa consiste nel far realizzare dai bambini, con la supervisione degli insegnanti e degli esperti, in alcuni spazi esterni, degli orti in cui si coltivano verdure di stagione. Il progetto è volto a trasmettere i saperi legati alla cultura del cibo e alla salvaguardia dell’ambiente. L’orto viene declinato in chiave pedagogica ed educativa come strumento didattico che consente di affrontare trasversalmente le discipline curricolari direttamente sul campo, all’aria aperta, lavorando a contatto con il terreno e le piante. Ma non solo: l’esperienza del coltivare il cibo fornisce strumenti cognitivi e metacognitivi volti a riconoscere, rispettare e tutelare la natura, l’ambiente, la biodiversità, oltre che costruire una coscienza ecologica proprio a partire dall’attività concreta e vissuta. L’esperienza dell’orto didattico è inoltre, come il teatro, un percorso corale, nel quale un gruppo si impegna per raggiungere un traguardo condiviso, intraprende un lavoro di squadra e insieme si trova a gestire un contesto che vede gli alunni non seduti ai loro posti tra le quattro mura di un’aula, bensì a interagire all’aperto e a fare un qualcosa di concreto e reale. La cooperazione, la collaborazione e una socialità genuinamente pratica e operativa sono aspetti rilevanti di questa azione educativa. Il cibo grazie all’orto diventa un’esperienza attraversata dalla temporalità che, grazie alle fasi della inseminazione, germinazione, crescita, maturazione e raccolta, fa sì che non solo si prenda coscienza di un delicato e complesso processo vitale, biologico alla base di ciò che vediamo sugli scaffali dei negozi e supermercati, ma che soprattutto, ciò sia frutto di lavoro, fatica, cura, amore e tempo di qualità che l’agricoltore dedica ai prodotti della propria terra. Senza l’amore e la cura, senza l’attenzione e un’azione scrupolosa e vigile, che esige tempo ed energie, non potemmo godere del cibo sulle nostre tavole. L’etica parte proprio dalla terra, dagli ambienti e dal suolo che calpestiamo e coltiviamo, e forse non è un caso che la parola “ethos” contenuta nel suggestivo frammento eracliteo “ethos anthropo daimon”, venga tradotta e interpretata da Heidegger proprio come “abitare, risiedere, dimorare, soggiornare” il proprio ambiente di vita attraverso la pratica della cura, della custodia e del suo ascolto profondo.
biadav@libero.it