«Eccomi nel dono ricevuto e offerto del mio “sì”»

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Pro Orantibus. Il 21 novembre la Chiesa celebra la Giornata mondiale delle Claustrali. Suor Veronica Maria, novizia nel monastero benedettino “Mater Ecclesiae” di Isola San Giulio sul lago d’Orta, racconta la sua vocazione

DI DANIELA CATALANO

Il 21 novembre da più di 70 anni è “una giornata di preghiera per chi vive nella preghiera”. In questa data, infatti, in cui ricorre la memoria liturgica della Presentazione della Beata Vergine Maria al Tempio, la Chiesa celebra la Giornata mondiale delle Claustrali, detta anche “Pro Orantibus”, istituita da Pio XII nel 1953. Tutta la comunità ecclesiale è invitata a pregare per le religiose di clausura, donne che hanno dedicato, come Maria, la loro vita alla lode di Dio e all’intercessione a favore di tutta l’umanità. Papa Francesco nella Costituzione apostolica sulla vita contemplativa femminile Vultum Dei Quarere ha scritto che sull’esempio della Vergine, “il contemplativo è la persona centrata in Dio, è colui per il quale Dio è l’unum necessarium” e ha definito le claustrali “fari che illuminano il cammino degli uomini e delle donne del nostro tempo” esortandoli ad essere “in profonda comunione con la Chiesa, per diventare in essa prolungamento vivo del mistero di Maria vergine, sposa e madre, che accoglie e custodisce la Parola per restituirla al mondo”. Le monache di clausura sono circa 4.500 in Italia e 34 mila nel mondo e con la loro vita dedita alla preghiera non si sono “chiamate fuori” ma sono inserite nel cammino dell’umanità in modo originale e fecondo. La loro è preghiera che unisce al Signore ed è preghiera di intercessione per tutti. Anche nella Diocesi di Tortona, pur non avendo monasteri sul suo territorio, ci sono monache appartenenti a congregazioni diverse, dislocate in varie zone della penisola. Una di loro è Patrizia Rategni, 59 anni, originaria di Paravello, frazione di Val di Nizza in Oltrepò pavese che due anni fa è entrata nel monastero “Mater Ecclesiae” a Isola San Giulio, sul lago d’Orta, in provincia di Novara, fondato dalla “nostra” Madre Anna Maria Canopi, originaria di Montalto Pavese, scomparsa nel 2019. La novizia claustrale benedettina, che prima svolgeva la mansione di cuoca nella casa di riposo di Godiasco, nella sua nuova vita ha preso il nome di Veronica Maria.

Suor Veronica Maria racconta così la sua vocazione

«La storia della mia vocazione è caratterizzata da più chiamate, non prepotenti bensì delicate come carezze – con la tenerezza e la delicatezza che solo il Signore sa infondere – ma tenaci, che si sono susseguite a partire dall’infanzia protraendosi nell’età adulta. Il silenzio e un raccoglimento riflessivo e riservato ne erano la cifra, divenendo con il tempo una dimensione insopprimibile e altresì ricercata. All’età di sette anni partecipo a una gita organizzata dal parroco. Destinazione Torino: la “Sindone”. Mi afferra il cuore. I due sguardi: il Suo e il mio si fondono all’unisono. Cala il silenzio. La seconda esperienza forte avviene durante un’altra gita scolastica alle elementari la cui meta questa volta è la Certosa di Pavia. Entrata nell’area di clausura, ad attirare la mia completa attenzione è il refettorio con l’ambone da dove un monaco recita le letture durante i pasti. Sopraelevato, così in alto da parere irraggiungibile. Poi la cella, semplice e umile, essenziale, e il chiostro. Non sarei andata più via. Il terzo sussurro di Dio l’ho udito, sempre da bambina, alla vestizione di mia cugina, suora. Di nuovo il chiostro mi ha ammantata di silenzio. Nuovamente sarei rimasta lì per sempre. Altre sollecitazioni più lievi raggiungevano i miei pensieri in età adulta. Ma non capivo! Poi, nel 2017, preponderante la chiamata si è espressa facendosi spazio, come a gomitate, nella mia vita quotidiana che si snodava tra affetti, lavoro, amici, poesia e musica… soddisfazioni, e in cui vi era anche il grido di aiuto al Signore. Ma qualcosa o Qualcuno manca! Nostalgia?! In un giorno uguale a tutti gli altri, rientrando dal lavoro, ho sentito forte il desiderio di andare in chiesa. E così ho fatto: “Eccomi, Gesù!”. Poi la Messa, l’Eucaristia, l’adorazione, la preghiera, il rosario la sera in chiesa… non potevo farne a meno. E questo pensiero fisso della clausura. Non capivo. Nel 2018 incontro il Cursillos della cristianità, e l’amicizia si tinge di luce nuova. Mi affido a un sacerdote e alla sapiente guida del padre spirituale. Nel 2022 approdo al monastero dell’Isola San Giulio su suggerimento del padre spirituale. Seguo l’iter necessario al fine di discernere in colloquio con la carissima Madre Maria Grazia. E ora eccomi qui nel dono ricevuto e offerto del mio “sì”. Un “sì” affidato alla comunità delle sorelle che amo e che sapientemente cura e dirige i miei passi in seno alla Chiesa Madre. La mia vita qui come si svolge? Potrei dire che è iniziata la festa di nozze, e il vino lo ha portato Gesù con tutto quello che ne consegue. Con Gesù è proprio un orizzonte aperto nella luce e nella pace divine».

Qual è il motivo della sua vita in clausura?

«La Bibbia ci parla di Abramo che è partito perché Dio gli ha chiesto di partire. Mosè è partito perché Dio voleva parlare con il suo popolo. Il figliol prodigo è tornato a casa perché per rimettersi in piedi aveva unicamente bisogno del “Volto del Padre”. Meditando riguardo al loro cammino, noto che li accomuna la completa partecipazione: «Volontà, affettività, intelligenza». Ma soprattutto sono determinanti il silenzio, il nascondimento e la solitudine, perché ci introducono nel mistero di Dio. Il desiderio profondo che nutrivo di un amore grande è così coinciso con il desiderio di Qualcuno – Qualcuno con la “Q” maiuscola – che mi ha dato appuntamento “altrove”. Questa scelta non significa isolarsi, bensì inabissarsi e sondare l’intima profondità che si confronta con la povertà della natura umana aprendosi alla confidenza con Dio. È spontaneo rivolgersi a Lui che solo ci fa esistere, e sale allora il nostro grido di aiuto che trova accoglienza tra le braccia misericordiose del Padre. Non siamo soli, mai! L’antica alleanza promessa ci fa percorrere un sentiero che conduce a Cristo. La strada da seguire è una Persona: Gesù. L’impegno comporta quindi un atto di amore, perché anche la fede in realtà è un atto di amore. È Gesù che rivela Dio. È quando ascolto la sua vita che scopro altri aspetti di Dio: l’incarnazione e la vita nascosta, l’amore di Dio Padre per la sua creatura, Gesù mite e umile di cuore, l’agonia, la pazienza… L’amore è dono di Dio, è pietra angolare. Il cuore abbandonato al Padre trova pace e gioia, perché vincolandomi al Signore lego il mio presente in modo così forte da generare già il futuro includendovi tutto e tutti. È percorrere il solco tracciato dalla Chiesa che è Madre e genera, educa ed edifica. È con la Parola di Dio che la Chiesa rivela alla famiglia umana la sua vera identità. Affidandoci ad essa, sapremo essere davvero un pezzettino di maternità ecclesiale nel mondo. Comunità significa quindi scambio di valori e di doni. Ecco la grande responsabilità: saper essere un luogo dove l’altro possa “abitare” sentendosi come a casa propria. Equivale ad essere al servizio della fede delle persone e raggiungerle nella dimensione quotidiana degli affetti, del lavoro, del riposo, e nei momenti di sofferenza. Come? Innanzitutto con la preghiera e l’ascolto, perché nessun cristiano è escluso dal sentire la propria responsabilità nei confronti di ogni condizione umana. La preghiera e l’adorazione modellano la nostra vera identità di figli. È tempo in cui si sta con Dio, Lui ci rigenera e riduce la distanza che l’uomo ha frapposto con il suo Creatore. Ecco, questo vuol essere il fondamento della mia vita. In comunione di preghiera, auguro a tutti un buon cammino».

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