L’Italia che galleggia

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Di Cesare Raviolo

L’Italia è affetta dalla “sindrome del galleggiamento”, ossia un sorta di immobilismo economico e sociale che ha causato, in 20 anni, un calo del reddito reale pro capite del 7%. Lo afferma il Censis (Centro Studi Investimenti Sociali) che, lo scorso 6 dicembre, ha presentato il suo 58° Rapporto sulla situazione sociale del Paese. Non solo, tra il 2014 e il 2024 anche la ricchezza netta pro-capite è diminuita del 5,5%. La sindrome italiana, dunque, “nasconde non poche insidie” e suscita non poche perplessità. A fronte di una consistente crescita dell’occupazione (1 milione e mezzo di posti di lavoro in più rispetto al 2020 e un aumento del 4,6% in confronto al 2007), il Pil ristagna e non mostra nemmeno segni di ripresa (secondo l’Istat, nel 2024, aumenterà dello 0,5%) perché i nuovi posti di lavoro sono precari, dequalificati, senza contributi o a bassissima retribuzione. La produzione della manifattura è entrata in una spirale negativa: -1,2% tra il 2019 e il 2023. Il raffronto dei primi otto mesi del 2024 con lo stesso periodo del 2023 rivela una caduta del 3,4%; al contrario, le presenze turistiche sono state 447 milioni nel 2023, con un incremento del 18,7% rispetto al 2013. Le difficoltà dell’economia hanno prodotto un maggior rischio povertà per le famiglie, almeno in confronto alla media UE. Le persone a rischio povertà sono il 27,2% e il 18,9% rispettivamente prima e dopo i trasferimenti sociali, contro il 24,8% e il 16,2% della media UE. Il 9,8% degli Italiani maggiorenni vive in famiglie in cui il reddito non è sufficiente a coprire le spese mensili, l’8,4% non sa se riuscirà a mettere insieme pranzo e cena, il 9,5% lotta con le bollette, 2,7 milioni non possono permettersi gli occhiali da vista, il 7% riceve regolarmente soldi dalla rete familiare (genitori, nonni e altri parenti) e un ulteriore 30,6% ne riceve saltuariamente. Welfare e sanità pubblici, per il 50,4% degli Italiani, si sono ridotti a fornire le prestazioni essenziali, mentre per il resto i cittadini devono pagare di tasca propria o rinunciare alle cure. Dunque, se a prima vista il 2024 sembra l’anno dei record per l’Italia (record degli occupati e del turismo estero, ma anche della denatalità, del debito pubblico e dell’astensionismo elettorale), l’analisi più approfondita del Censis ci consegna l’immagine di una “società chiusa”. Nelle società chiuse la crescita o non c’è o è molto lenta; l’apertura porta con sé dei rischi per le istituzioni e per la vita privata, ma forse conviene correre qualche rischio, per crescere invece di “galleggiare”.

raviolocesare@gmail.com

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