La “speranza” del presidente
Di Ennio Chiodi
Si parla molto di speranza – di questi tempi– quasi fossimo davvero vicini all’ultima spiaggia, alla ricerca di qualcosa che possa aiutarci ad affrontare i molti passaggi complicati che ci attendono, come persone, come famiglie, come società e come Paese. C’è la “Speranza” dei fedeli, dei credenti – virtù nascosta ma forte – che “non delude mai” come ricorda il Papa in apertura del Giubileo, citando san Paolo. E c’è la speranza laica, dei cittadini che fanno bene il loro mestiere e vivono la fatica dell’impegno quotidiano con onestà, pazienza e coerenza: lavoratori, volontari, professionisti, imprenditori. “Patrioti” li definisce il presidente della Repubblica nel suo tradizionale messaggio di fine d’anno, includendo i nuovi italiani, che giungono da lontano, condividono regole e valori e contribuiscono alla crescita del nostro Paese. Scorciatoie senza scrupoli per il successo e la ricchezza facile non fanno parte di questo repertorio. È proprio “speranza” la più importante delle “parole chiave”, dei richiami fortemente scanditi in un discorso che supera la ritualità dell’appuntamento istituzionale per assumere, mai come in questa occasione, la dimensione e il valore di un messaggio civile e globale, attento nella forma, ma fortemente determinato nei contenuti. Non “piccona” le Istituzioni, Sergio Mattarella. È lontano da “esternazioni” irrituali, ai limiti del ruolo come quelle di alcuni suoi predecessori, ma non per questo le sue parole risultano meno efficaci. Nella speranza si vive l’attesa per una pace che «urla la sua urgenza», ma non accetta ipocrite confusioni tra aggressori e vittime. Con speranza vanno affrontati i conflitti nell’opinione pubblica, sempre più lacerata da posizioni divisive, aggressive, ideologiche e violente, che provocano smarrimento, sgomento, senso di impotenza e di sfiducia. Con speranza vanno sostenuti i giovani, spinti a lasciare il loro Paese per cercare futuro all’estero; i testimoni che pagano la loro passione e il loro impegno di coerenza, come i medici dei pronto soccorso, ad esempio, o i bravi giornalisti come Cecilia Sala, rinchiusa in una galera iraniana per ragioni che nulla hanno a che fare con la giustizia e la libertà. Con speranza vanno rinnovate, senza indugi, le aspettative riposte nella scienza e nella ricerca che salveranno milioni di vite umane in un prossimo futuro. Con speranza non possiamo più tollerare terribili, ripetute, violenze nei confronti delle donne e dei più deboli come fosse una sorte inevitabile. Non è retorica la speranza del presidente: è sfida politica. La speranza diventi realtà concreta e quotidiana, perseguita con determinazione per riprendere la rotta, ricostruire fiducia e orientare i nostri destini.
ennio.chiodi@gmail.com