Ti ricordi la merenda?

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Di Carlo Zeme

Le feste, le vacanze, i giorni di ferie ci hanno dato la possibilità di stare insieme più del solito e dato che la vita è fatta di piccoli particolari, un momento che ultimamente mi stavo perdendo era quello della merenda. Da bambino la merenda era l’appuntamento con l’uovo sbattuto con il caffè che mi preparava la zia di campagna, la Nutella sui cracker di mia mamma oppure la moneta da un euro di mancia del nonno che bastava per andare a comprarmi una brioche al negozio di alimentari di fronte. Un momento della giornata, quello dello spuntino pomeridiano, che, diventando grande, è scappato via, non ci ho più fatto caso e l’ho confuso con apertivi, coffe break, tazze di the, tisane, pezzi di focaccia, tutte cose buonissime sì, ma che non si possono chiamare “merenda”. La merenda di quelle seduti a tavola, con la tovaglia della festa ancora apparecchiata, la merenda che è esattamente a metà strada tra il pranzo e la cena, la merenda che durante le feste comincia con ancora un po’ di luce fuori dalla finestra e finisce con il buio pesto. La merenda di Margherita è fatta di un seggiolone e il suo vassoio riempito di piccoli pezzi di frutta per poter essere facilmente afferrati dal suo indice e dal suo pollice. È un mix di pera e mandarino, di «sbuccia veloce» perché lei è vorace. La merenda di Margherita è una maschera di polpa che a volte si spalma prima sul volto e poi sui capelli e non puoi che prenderla sul ridere e dare il nullaosta per il prossimo bagnetto. La merenda di Margherita dura tanto, è mangiata, cantata e spalmata. Ma per fortuna c’è, così da ricordarsi che le buone abitudini a volte si possono anche affievolire, ma poi basta il sorriso gigante di chi ha appena visto un mandarino e tutto riacquista colore.

carlo.zeme@gmail.com

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