Riflettori su Cesare Battisti. Spegnete la luce, grazie

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Non si spengono i riflettori sull’arresto di Cesare Battisti che continua ad alimentare nuove polemiche nel circo mediatico. Catturato in Colombia, quando è giunto in Italia ad attenderlo c’erano due ministri – Salvini e Bonafede – che si sono recati all’aeroporto di Ciampino per vedere da vicino in manette il latitante finalmente consegnato alle patrie galere. Battisti, terrorista e militante dei Proletari Armati per il Comunismo, condannato nel nostro Paese in contumacia all’ergastolo per 4 omicidi avvenuti tra il 1977 e il 1979, ha terminato la sua fuga. Sorriso beffardo, mai pentito per ciò che ha fatto, è stato assicurato alla Giustizia come devono essere i criminali. Ma ci sono due cose che stridono. La prima è lo show della cattura; la voglia di esibire un trofeo come dopo una battuta di caccia. E, invece, sappiamo che fin dall’antichità la civiltà di un popolo si misura su come cucina, su come seppellisce i morti e su come tratta i prigionieri. La seconda sono le dichiarazioni di certi “intellettuali” – primo fra tutti Piero Sansonetti, direttore de “Il dubbio” – che ha detto: “Non ci sono le prove per accusarlo. Solo dichiarazioni di pentiti. È stato un rito pagano: siamo tutti fratelli intorno alla forca”. Che strazio! Ecco una voce da un mondo scomparso. Da una sinistra che ormai è antistorica, che non riesce a fare completamente i conti col passato, che è garantista e giustizialista a seconda dei casi. La difesa di Sansonetti mi ha fatto lo stesso effetto dell’accanimento di alcuni giudici che – specie nel periodo di Mani Pulite – facevano tintinnare le manette. Il Paese non ha bisogno di queste anomalie né di trovare nemici ad ogni costo per sentirsi migliore. C’è il Diritto, ci sono le Leggi e ci sono delinquenti che, dopo aver scritto libri in Francia, discettato di filosofia, sfidato i parenti delle loro vittime, scontano la loro pena. Spegnete le luci: sipario.

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