Inciampare fa bene. E aiuta a crescere
Per accorgersi di certe cose bisogna inciampare. Non basta leggerle, non basta scriverle. Occorre incespicare in esse, cadere (come “si cade innamorati”), sbucciarsi le ginocchia, farsi un po’ male. Allora la nostra attenzione viene stimolata: alziamo la testa dalla confusione generale; ci rendiamo conto. Ci siamo imbattuti in questi giorni, lungo la via, nelle pietre d’inciampo che in molte città hanno cementato tra l’asfalto e i sampietrini per celebrare la Giornata della Memoria in ricordo delle vittime della Shoah. Come a Voghera, dove si può finalmente inciampare davanti al liceo classico e commemorare Jacopo Dentici, studente morto a Mauthausen. Sembrano lontani i tempi in cui infuriava la polemica per la targa sul muro del castello visconteo in memoria di sei repubblichini. Speriamo. Perché tutti preghino per tutti i morti. Sono comunque tanti i fatti in cui di recente sono inciampato. In un paese dell’Emilia Romagna, Luzzara, il sindaco Andrea Costa ha emesso una ordinanza che vieta ai cittadini di manifestare violenza verbale, rancore e rabbia nei luoghi pubblici e sul web. La pena per i trasgressori è “la lettura di un libro o la visita in un luogo bello”. Infine, se ci si sposta a Ravenna, si inciampa in una scritta sul muro del liceo “Alfredo Oriani”: “il preside è gay”. Lui, il dirigente scolastico Gianluca Dradi, invece di fare cancellare la frase, ha scelto di tenerla lì: “Ciò che offende non è la falsa attribuzione di una condizione, ma il fatto che uno studente del mio Liceo l’abbia pensata come a un’offesa. Non la farò cancellare: resti lì come una pietra di inciampo per l’intelligenza umana”, ha scritto su Facebook.
La bravata idiota degli studenti ravennati non è degna nemmeno di un film di avanspettacolo anche se i protagonisti del genere, come Pasquale Zagaria, in arte Lino Banfi, ormai rappresentano l’Italia all’Unesco. Mi auguro che inciampare in una risata possa fare bene alla cultura.