Santa Giuseppina Bakhita
La Chiesa l’8 febbraio ricorda Santa Giuseppina Bakhita la prima santa del Sudan e la prima donna africana a salire sugli altari senza essere martire.
Giuseppina nasce nel 1869 e vive in Sudan in un piccolo villaggio del Darfur. In un giorno imprecisato tra il 1876 e il 1877 quelli che lei chiama i “negrieri” la rapiscono e la portano lontano.
Trasferita a Khartoum, viene arabizzata e le viene imposto il nome di Bakhita (Fortunata). Dimenticando presto il suo nome originario, che resta sconosciuto, la giovane schiava cambia padrone 5 volte tra il 1877 e il 1883.
Le sue sofferenze sono raccontate in un breve scritto del 1910 in cui lei narra le sue vicissitudini: frustate, ferite aperte su cui viene strofinato il sale, maltrattamenti e angherie. Nel 1883 viene comprata dall’agente consolare italiano Calisto Legnani.
Nel 1885 Legnani è costretto a lasciare il Sudan in seguito all’avanzata della rivoluzione mahdista. Giuseppina convince il padrone a portarla con sé. Giunti a Genova viene affidata alla famiglia di Augusto Michieli, che vive a Zianigo, in provincia di Venezia. Giuseppina diviene la bambinaia di Mimmina la figlia di Michieli. Tra 1888 e 1889 la famiglia Michieli, che ha interessi economici in Africa, decide di tornare in Sudan. Giuseppina va con loro per nove mesi, poi torna in Italia con la piccola e la signora. Bakhita e Mimmina vengono affidate per un breve periodo all’Istituto delle Catecumene di Venezia, gestito dalle Canossiane, dove Giuseppina inizia a scoprire la fede. Quando la signora Michieli torna e pretende di portarla di nuovo in Africa, Bakhita si ribella.
Soffre a veder partire la piccola Mimmina, ma sceglie di restare, con l’appoggio del Patriarca di Venezia, Domenico Agostini, e del procuratore del Re. Inizia la sua nuova vita: il 9 gennaio 1890, a Venezia, riceve il battesimo, la cresima e l’eucarestia dal Card. Domenico Agostini. Il 7 dicembre 1893 entra nel Noviziato delle Figlie della Carità e l’8 dicembre 1896, festa dell’Immacolata, emette i voti temporanei a Verona. Nel 1902 si trasferisce a Schio, e lì, per la prima volta nel 1910, racconta la sua storia. Il 10 agosto 1927 emette i voti perpetui a Venezia. Per il resto della vita svolge lavori di fatica nell’istituto in cui vive. A Schio tutti la chiamavano la “Madre Moretta”.
Vive in umiltà, ma la gente la ama e la cerca. Già al momento dei voti perpetui se ne parlava come di una santa, e nel 1931 un libro su di lei a viene diffuso in migliaia di copie e tradotto in varie lingue. Giuseppina muore l’8 febbraio 1947, dopo una lunga e dolorosa malattia, nell’Istituto Canossiano di Schio. La salma riposa nel Tempio della Sacra Famiglia del convento delle Canossiane di Schio. Nel 1992 è stata proclamata beata e nel 2000 canonizzata.
Bakhita, per un breve periodo, nel 1938, è vissuta anche nella diocesi di Tortona, esattamente a Voghera, presso l’oratorio delle suore canossiane, in via Bellocchio.
Daniela Catalano