Il Papa in Bulgaria e Macedonia del Nord

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Nel ricordo della missione di Papa Giovanni XXIII e di Madre Teresa di Calcutta

Si è svolto da domenica 5 maggio a martedì 7 maggio il 29° viaggio apostolico di Papa Francesco. In questi tre giorni il Santo Padre ha visitato la Bulgaria e la Macedonia del Nord.

Un viaggio ispirato alle figure di papa Giovanni XXIII che fu visitatore e poi delegato apostolico a Sofia dal 1925 al 1934 e di Madre Teresa di Calcutta, originaria della capitale macedone di Skopje. Una visita nel segno dell’ecumenismo, del dialogo con gli ortodossi e con gli islamici. La Bulgaria è un Paese di sette milioni di abitanti e la stragrande maggioranza della popolazione appartiene alla Chiesa ortodossa; solo l’1% della popolazione è cattolico, mentre i musulmani sono circa l’8%.

La Macedonia del Nord conta due milioni di abitanti, due terzi dei quali ortodossi e un terzo musulmano. I cattolici sono circa 15 mila.

L’aereo con a bordo il Papa è partito domenica 5 maggio con destinazione Sofia. In mattinata sì è svolta la visita di cortesia al presidente della Repubblica nel palazzo presidenziale. In piazza Atanas Burov il primo discorso del Papa e alle 12 la visita al Patriarca Neofit e al Santo Sinodo, prima della sosta di preghiera in silenzio davanti al trono dei Santi Cirillo e Metodio nella cattedrale patriarcale di San Alexander Nevsky, luogo del Regina Coeli e della Messa nel pomeriggio. Nella giornata di lunedì 6 maggio il Papa ha fatto visita al campo profughi Vrazhdebna: più o meno 50 i presenti, tra bambini e genitori, per lo più profughi provenienti da Siria e Iraq.

Poi il pontefice si è recato a Rakovky, cuore cattolico del Pae-se, dove vive la più alta densità di fedeli cattolici. Qui ha celebrato la Messa con la Prima Comunione di 242 bambini. Nel pomeriggio la preghiera per la pace alla presenza degli esponenti delle varie confessioni religiose in piazza Nezavisimost a Sofia.

Il 7 maggio la tappa macedone con il saluto nel palazzo presidenziale, la visita al Memoria-le di Madre Teresa con i leader religiosi, le benedizione della prima pietra del santuario dedicato alla Santa, la messa, l’incontro con i poveri e l’incontro ecumenico e interreligioso con i giovani nel centro pastorale. In questi tre giorni il Papa ha detto parole come sempre incisive e pro-fonde; ha indicato nei santi Cirillo e Metodio gli esempi di come essere Chiesa, “casa dalle porte aperte” che richiede oggi “di saper essere audaci e creativi per domandarsi come si possa tradurre in modo concreto e comprensibile alle giovani generazioni l’amore che Dio ha per noi”; ha sottolineato come Bulgaria e Macedonia del Nord siano “ponti fra est e ovest”, in grado di “favorire l’incontro tra culture, etnie, civiltà e religioni differenti che da secoli hanno qui convissuto in pace”. Ha ricordato il “dramma dell’immigrazione” e invitato a “non chiudere gli occhi, il cuore e la mano”.

Rivolgendosi alla comunità ortodossa a Sofia ha ricordato Papa Giovanni ed il Concilio Vaticano II: “Mi trovo anch’io qui, ospite accolto con affetto, e provo nel cuore la nostalgia del fratello, quella salutare nostalgia per l’unità tra i figli dello stesso Padre, che Papa Giovanni ebbe certamente modo di maturare in questa città (…) Siamo chiamati a camminare e fare insieme per dare testimonianza al Signore, in particolare servendo i fratelli più poveri e dimenticati, nei quali egli è presente”. Commoventi le parole di Papa Francesco su Madre Teresa che “ha voluto fondare la sua vita su due pilastri: Gesù incarnato nell’Eucaristia e Gesù incarnato nei poveri! Amore che riceviamo, amore che doniamo. Due pilastri inseparabili che hanno segnato il suo cammino, l’hanno messa in movimento, desiderosa anch’essa di placare la sua fame e la sua sete. È andata dal Signore e nello stesso atto è andata dal fratello disprezzato, non amato, solo e dimenticato; è andata dal fratello e ha trovato il volto del Signore…

Perché sapeva che amore di Dio e amore del prossimo si fondono insieme: nel più piccolo incontriamo Gesù stesso e in Gesù incontriamo Dio, e quell’amore era l’unica cosa capace di saziare la sua fame”.

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