San Bernardino da Siena

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La Chiesa il 20 maggio ricorda San Bernardino da Siena, religioso francescano e grande predicatore. Nato nel 1380 a Mas-sa Marittima, dalla nobile famiglia senese degli Albizzeschi, rimase orfano dei genitori in giovane età. Fu allevato a Siena da due zie, dove frequentò lo Studio senese.

A vent’anni lasciò gli studi di Diritto, per assistere gli ammalati e i moribondi durante la peste del 1400, per poi ammalarsi anche lui. Alla fine riuscì a guarire, ma dopo essere tornato decise di voler testimoniare Cristo.

Dopo aver dato tutti i suoi averi ai poveri, entrò nell’ordine degli Osservanti. L’8 settembre 1404 celebrò la prima messa. Subito dopo aver preso l’abito iniziò una intensa attività come predicatore girando per tutta l’Italia settentrionale e centrale. Attraversò villaggi e città portando, con la parola e con l’esempio, intere popolazioni a un profondo rinnovamento cristiano. Predicò anche nella Diocesi di Tortona, come testimoniano racconti e documenti che ne attestano la presenza nelle terre pavesi e alessandrine.

Per ascoltare le sue prediche si radunavano folle di fedeli nelle piazze delle città, non potendoli contenere le chiese e mancando allora mezzi tecnici di amplificazione della voce, venivano realizzati dei palchi dove il santo saliva per parlare. Nelle sue prediche insisteva sulla devozione al nome di Gesù.

Tavolette di legno incise con il monogramma JHS sormontato da una croce e attorniato da un sole, venivano fatte baciare ai fedeli che ascoltavano le sue prediche. Il monogramma fu disegnato da Bernardino stesso, per questo è considerato patrono dei pubblicitari; il simbolo consiste in un sole raggiante in campo azzurro, sopra vi sono le lettere YHS che sono le prime tre del nome Gesù in greco, “Jesus Hominum Salvator”.

Ad ogni elemento del simbolo Ber-nardino applicò un significato. Scrisse un libro intitolato “Sui contratti e l’usura”, dove perorava la causa dell’imprenditore, dell’artigiano e del commerciante onesti che con le loro attività procurava benessere oltre che a loro, anche all’insieme della società. Ebbe parole di fuoco per i nuovi ricchi, che invece di investire la ricchezza in nuove attività, preferivano prestare a usura. Nel 1437 divenne vicario generale dell’ordine degli osservanti. Nel 1438 fu nominato vicario generale di tutti i francescani italiani. Non smise mai di dedicarsi.

Nel 1444, pur essendo molto malato, si recò a L’Aquila, anche per tentare di riconciliare due fazioni che in città si affrontavano apertamente. Morì in questa città il 20 maggio dello stesso anno e vi fu sepolto. Si racconta che la bara gocciolò sangue fino a quanto le due fazioni non si furono riappacificate. Fu canonizzato nel 1450, poco dopo la morte, da Niccolò V.

 Daniela Catalano

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