La chiesa blu

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A Montei, nelle colline sopra Serravalle Scrivia, l’installazione di Piero Mega: quando la luce rivela l’essenziale

Un blu, intenso e diverso da quello della notte, si è acceso nella prima sera del 27 ottobre sulla linea delle colline sopra Serravalle Scrivia. Disegna nel cielo una costruzione ben nota alla devozione locale, sorprendente da scoprire per gli altri.

La piccola chiesa di Santa Maria del Carmine a Montei è un edificio semplice eretto per volontà delle famiglie residenti negli anni Sessanta dell’800, un’aula unica coperta a capanna che interrompe le linee dei vigneti senza togliere armonia.

La sobrietà discreta di questo manufatto è stata trasformata in un richiamo potente dallo strumento più efficace per trasformare un oggetto in metafora, un corpo fisico in sostanza spirituale: la luce.

L’operazione ha precedenti illustri: Sol Lewitt, Dan Flavin, Mark Rotcho sono i riferimenti culturali inevitabili per un progetto come questo. Rispetto ai precursori, però, l’artista tortonese Piero Mega ha compiuto un percorso a ritroso, con un obiettivo preciso: arrivare all’essenziale, per vedere soltanto ciò che rimane dopo avere eliminato persino il necessario a stare insieme.

Quando la materia viene meno e lascia la sostanza, quando la fisicità dei muri deve essere sgretolata, soltanto la luce può fare da connettivo. E se i muri sono quelli di un edificio sacro, la luce deve essere annessa a una simbologia densa e sovrapponibile a quella cristologica.

Dunque, non più pareti ma il blu, che sovrasta e vince quello della notte, che è lapislazzuli come i cieli giotteschi, come il manto della Vergine delle maestà trecentesche, come il firmamento nella narrazione biblica.

Non più rosoni centrali, ma oro lucente che è quello del tabernacolo e del mistero stesso di un Dio incarnato.

Non più monofore laterali ma il rosso come il sangue del sacrificio da cui rinasce l’alleanza tra Dio e l’uomo.

La chiesa di Montei è, ora, anche questa lettura guidata dalla luce, che ne annulla la fisicità e apre a un altro percorso percettivo in cui il simbolo è ancora più manifesto. E addensato di suggestione.

L’intervento di Piero Mega, che ha utilizzato speciali lampade a led RGB, apre anche a riflessioni più ampie: la committenza, l’uso delle tecnologie nell’espressione artistica, la narrazione per simboli. La “Chiesa Blu” di Montei si rivela, allora, frutto di pensiero colto e analitico com’è nella pratica del suo autore, frutto del volere di una comunità partecipe e aperta al nuovo, coraggiosa al punto di farsi committenza religiosa come raramente ormai succede. E racconto attraverso il simbolo, ci si ripete, per fare esperienza in modo nuovo di ciò che si manifesta attraverso il rito e la Parola.

Manuela Bonadeo

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