San Giovanni eremita

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Il 14 novembre ricorre la memoria di San Giovanni eremita, uno dei più grandi asceti medioevali.

Giovanni nacque a Tufara, un piccolo paese in provincia di Campobasso, in Molise, nell’anno 1084 e fin da ragazzo si distinse per la generosità e per la sua dedizione al prossimo.

Accortosi di essere di peso alla famiglia, nel 1103 si recò a Parigi, attratto dalla cultura e dal fascino dell’Università della capitale francese; ben presto, però, decise di ritornare in Italia, soffermandosi in cerca di un eremo. I genitori gli lasciarono in eredità una porzione di beni uguale a quella del fratello Benedetto che lo invitò a restare. Giovanni, affascinato dagli ideali del romitaggio, se ne andò dal suo paese, dopo aver donato il suo mantello al più povero di Tufara.

Si recò nel monastero di Sant’Onofrio. Poi si trasferì nella chiesa di San Silvestro, dove dimorò per tre anni.

Tale chiesa sorgeva nei pressi del castello di San Severo, l’attuale San Marco dei Cavoti, in provincia di Brindisi. Desideroso di un’ascesi perfetta, si fece indicare dai cacciatori del bosco un luogo appartato e con l’aiuto di alcuni collaboratori edificò una celletta in cui, tra digiuni e penitenze, visse 46 anni. Intanto, essendo numerosi coloro che intendevano seguire l’eremita, il conte Odoaldo di Foiano, nel 1153, gli donò la chiesa e la casa di San Firmiano, che però erano senz’acqua. Giovanni, allora, decise di trasferire la congregazione sull’altopiano di Mazzocco, sempre vicino a Foiano, dove verso l’anno 1156 diede inizio alla fondazione dell’abbazia, conosciuta come abbazia del Gualdo Mazzocca, in cui, all’alba del 14 novembre 1170, morì all’età di 86 anni.

Con una bolla del 14 aprile 1156, rivolta all’eremita, papa Adriano IV prescrisse che i monaci del convento osservassero la regola di San Benedetto, per cui, anche in seguito, il monastero fu considerato appartenente all’ordine benedettino.

Essendo numerosi gli eventi miracolosi attribuiti all’intercessione dell’eremita, sia durante la sua esistenza terrena, sia dopo la morte, i monaci, desiderosi di vederlo elevato agli onori degli altari, si rivolsero al papa Innocenzo III e, dopo la sua morte, al suo successore Onorio III, anche questa volta senza ottenere nulla in merito.

Nell’anno 1221, l’arcivescovo di Benevento inviò in delegazione, presso l’abbazia di Gualdo Mazzocca, alcuni vescovi, con l’incarico di esaminare la vita e le opere di Giovanni, di fare un regolare processo e, attestate le virtù eroiche della fede cristiana elevarne le spoglie alla pubblica venerazione (rito della elevatio et translatio corporis). Questo avvenne il 28 agosto dello stesso anno.

I cittadini e il clero di Tufara si recarono in processione al monastero e preso un braccio del santo lo portarono in paese.

Dal 1541 le ossa del santo sono conservate nella chiesa di San Bartolomeo a Galdo.

Daniela Catalano

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