Il “Tolo Tolo” dei record

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Anche in questo caso l’italiano di Checco Zalone è raffigurato con ironia e spirito dissacrante: è un “sempliciotto” che ha paura del “diverso” e ritiene che la sua cultura sia superiore alle altre. Figuriamoci allora se dovessimo vederlo alle prese con un gruppo di migranti che cerca di raggiungere le coste italiane col sogno di una vita migliore.

Divertente sì, ma in un modo amaro che colpisce il pubblico con riferimenti vivi all’attualità. E ciò potrebbe dar fastidio a una certa categoria di persone. “Tolo Tolo” in realtà non fa ironia sugli immigrati, ma su chi li sfrutta. Non ridicolizza gli stranieri, ma gli xenofobi. Non fa ridere dei “diversi”, ma dei razzisti. Si ride di meno rispetto allo standard degli altri suoi film, piuttosto si sorride, un po’ a denti stretti, perché quello che vediamo è la realtà. Se un suo pregio è quello di raccontare un tema così delicato, per automatismo il difetto che ne discende consisterebbe nel fatto che siamo davanti a un film comico. Se produce “risate amare”, allora di che genere di pellicola si tratta? La risposta si abbandona alle varie interpretazioni. Del resto qui Zalone ci mostra “il viaggio”, quello che ogni giorno compiono migliaia di migranti: attraversare il deserto e arrivare in Libia, affrontando il mare su un barcone per poi trovarsi di fronte ai porti chiusi. Quello dei migranti e del razzismo strisciante tra gli italiani sono temi troppo delicati e difficili. Se l’importante è che “se ne parli” allora ben venga perché purtroppo il cinema raramente ci ha raccontato il viaggio della speranza. Per il messaggio, la popolarità del suo autore e il pubblico cui è destinato, “Tolo Tolo” è potenzialmente più dirompente di qualsiasi pamphlet politico ed è un merito significativo.

I molti momenti inusuali e spiazzanti come le sequenze da musical, i cartoon, i camei, sono apprezzabili come giuste pause “di stacco” dalla narrazione certamente impegnativa.

Al botteghino è già vittoria.

Matteo Coggiola

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