Lo sport fatto in casa

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In queste ultime settimane abbiamo tutti imparato a rimodulare le giornate, le attività lavorative e scolastiche, gli svaghi e il tempo libero. La quotidianità delle nostre famiglie ha iniziato a scorrere su binari inesplorati: convertirsi a una forzata domiciliazione è stato difficile, ma, trascorso il necessario rodaggio, ci siamo adattati e abbiamo rivisto le abitudini più radicate. Per la ragazza un duro colpo era arrivato già da tempo con la sospensione dell’attività sportiva: dopo un inizio di stagione agonistica deludente e annaspante, stava recuperando, pertanto lo stop si è rivelato ancor più indigesto. Tuttavia, essendo lo sport ormai parte integrante e ineludibile delle sue giornate, sono state cercate alternative: dapprima, quando ancora era permesso, ci sono state lunghissime passeggiate, a metà delle quali il cane, la cui razza noi definiamo a ragion veduta “da divano”, pareva implorare pietà e, se avesse avuto il dono della favella, avrebbe sicuramente lanciato improperi. In un secondo momento, circoscritte le uscite canine alle vicinanze dell’abitazione, è iniziato il periodo della ginnastica a distanza. Con entusiasmo la figliola mi ha mostrato le schede di allenamento “a secco” inviatele dal coach: ogni pomeriggio, alle 18 in punto, scatta la videochiamata con l’amica ed entrambe si applicano con assoluta abnegazione nello svolgimento degli esercizi. L’impressione è che manchino solo i percorsi spinati, il sergente Foley che urla volgari incitamenti agli aspiranti marines e Richard Gere (!) per essere sul set di “Ufficiale e gentiluomo”.

Per parte mia, ritrovandomi dopo pochi giorni di inattività con un manico da scopa al posto della colonna vertebrale, ho optato per un corso on line di Pilates, riprendendo l’abitudine dismessa 35 anni or sono, quando seguivo il work out di aerobica proposto da Jane Fonda in videocassetta. In una delle mie sessioni vengo sorpresa dalla fanciulla che, con il consueto savoir-faire, mi apostrofa: «Cos’è ’sta cosa che stai facendo? Non è ginnastica, respiri e basta!».

Recuperando (con un po’ di affanno) la posizione eretta, getto il guanto di sfida: «Prova a fare gli esercizi con me. Vedrai che l’allungamento muscolare ti darà una bellissima sensazione». Replica immediata: «Ma dai, è una cosa troppo da vecchi, sembra il risveglio muscolare che proponevano sulla nave!». Tanta è la noia che la fa capitolare e inizia a svolgere gli esercizi con atteggiamento superiore: vedo che gradualmente cambia colore in viso, ma l’orgoglio la trattiene dal mostrare affaticamento. Al termine si abbandona sul tappetino: «Ma tu sei matta a fare questo corso! Mi fa male ovunque! Per me non arrivi sana alla fine della quarantena!».

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