Siamo donne!
“Siamo donne, oltre le gambe c’è di più” è il ritornello di un famoso tormentone sanremese, ma è anche l’essenza di un tema salito alla ribalta domestica in questi giorni, complice la visione della serie televisiva “Unorthodox” disponibile su una piattaforma digitale molto amata dai giovani.
La ragazza è infatti rimasta molto coinvolta e colpita dalla vicenda, ispirata a una storia realmente accaduta, della diciottenne Esther, appartenente a una comunità ultraortodossa chassidica, che vive nel quartiere di Williamsburg a Brooklyn: tutta la sua vita è soggetta a una concatenazione di limitazioni e di divieti per noi inimmaginabili, tanto più per un’adolescente, compreso il matrimonio combinato con un ragazzo visto solo una volta. Di fronte a questo spietato ritratto dell’esistenza di una quasi coetanea, le reazioni sono stati veementi: «Ma questi sono matti! Poverina, ma cos’ha fatto di male? Solo perché è una femmina deve obbedire a tutte queste regole assurde, deve studiare musica di nascosto, infagottarsi in vestiti orribili, sposare quello lì con quella faccia da stupido e anche farci subito un figlio? Deve scappare subito!». E infatti la protagonista fugge a Berlino, affermando la propria identità e provando a realizzare le proprie aspirazioni.
I commenti perdurano nei giorni a seguire e si allarga l’orizzonte delle riflessioni: «Ma hai visto che vita quella povera ragazza! Mi sembra assurdo che accadano cose di questo genere: e poi le donne erano le più sacrificate, dovevano solo sposarsi e fare figli… non è possibile!». Provo a indagare, pur immaginando quale sarà la risposta, connaturata ai 16 anni: «Tu non vorrai sposarti e avere bambini?» e infatti, lei, fulminea: «Figurati! Io voglio fare il chirurgo. Non avrò certo tempo per queste cose, vivrò in ospedale».
Faccio presente che una scelta non necessariamente esclude l’altra, ma ottengo solo un generico: «Vedremo… dopo il liceo dovrò studiare ancora 11 anni, quindi è un progetto troppo lontano per parlarne adesso».
Colgo di soppiatto qualche conversazione telefonica con l’amica: le consiglia la visione della serie e si scaglia nella difesa dei diritti delle donne con un fervore da far sembrare le femministe, che negli anni Settanta bruciavano i reggiseni in piazza, delle mammolette. Ho l’ennesima conferma che questa generazione di “piccole donne” non solo si impegnerà a fondo per infrangere il soffitto di cristallo che oggi permane in alcuni ambiti lavorativi, ma darà filo da torcere all’altra metà del cielo. La chiosa infatti è stata emblematica: «…e poi hai visto? Alla fine Esther è scappata e ha mandato a stendere il marito: lui non ha avuto il coraggio di staccarsi dalla comunità e soprattutto dalla madre… è inutile, è un maschio!».