L’ex Ilva riprende ma a basso regime
Due notizie hanno provocato molti timori tra i circa 700 dipendenti dello stabilimento
NOVI LIGURE – Per l’ex Ilva la ripresa produzione, pur su livelli limitati, all’inizio di maggio è coincisa con l’arrivo di due notizie che hanno provocato molti timori tra i circa 700 dipendenti dello stabilimento di Novi. La prima è che possano essere confermate altre 9 settimane di cassa integrazione con attività ridotta al minimo. La seconda riguarda l’annunciata chiusura da parte della proprietà franco-indiana Arcelor Mittal di un altoforno e alcune cokerie nel sud della Francia, una delle zone di approvvigionamento dell’acciaio da lavorare. Lo spegnimento dell’impianto francese potrebbe avere notevoli ripercussioni per il sito novese che prepara i rotoli d’acciaio destinati alle altre linee. I sindacati non hanno ancora ricevuto nulla di ufficiale su entrambe le ipotesi e aspettano di essere convocati per avere comunicazioni in merito e conoscere il destino dei lavoratori che stanno ancora usufruendo della prima tranche di cassa integrazione e sono in parte rientrati in stabilimento.
La speranza è quella di raggiungere sufficienti volumi produttivi e permettere il rientro di tutti i lavoratori. Sono positivi, invece, i riscontri, per quanto riguarda le misure di prevenzione sanitaria adottate nello stabilimento.
Chi va a lavorare è sottoposto al controllo della temperatura ed è rispettato il distanziamento sociale per la mensa aziendale e per l’utilizzo degli spazi comuni. Per disposizione della direzione, inoltre, sarà possibile eseguire su base volontaria, mediante richiesta via mail e in orario extra lavorativo, il test sierologico del sangue, che sarà a carico dell’azienda.
L’esecuzione è stata affidata a un laboratorio privato di Novi.