«Una forma da riacquistare»
Il lockdown ha condizionato sportivi professionisti e non solo. Anche i più piccoli ne hanno risentito. Il punto di Luigi D’Introno, medico dello sport pavese
Il 3 giugno, con la riapertura delle palestre e delle piscine, è tornata a pieno regime l’attività sportiva, dopo un lunghissimo periodo di stop, in cui gli atleti sono stati costretti a fermarsi con inevitabili conseguenze sulla loro preparazione.
Gli sport di squadra e di combattimento sono ancora oggi i più penalizzati, perché non possono riprendere al 100% visto che non garantiscono il principio del distanziamento sociale.
Ne abbiamo parlato con il medico dello sport pavese Luigi D’Introno, che da anni è impegnato con le nazionali giovanili di basket femminile e nella stagione poi interrotta dal Covid era medico sociale della Pallacanestro femminile Broni 93 di serie A1.
«Bisogna distinguere tra l’attività di base o amatoriale – spiega subito D’Introno – e quella a livello semi professionistico o professionistico. Gli sportivi professionisti hanno visto stravolta la loro preparazione, in particolare alcuni si stavano avvicinando ai giochi olimpici di Tokyo o agli ultimi tornei di qualificazione. Ma tutto sommato alla fine si riprenderanno più velocemente.
Chi invece fa attività amatoriale sarà ancora più in difficoltà, perché viene da un periodo di sedentarietà forzato, in cui siamo rimasti in casa per rispettare il lockdown; poi c’è stato un “abuso” del mangiare, non lo dico nel senso più negativo del termine, ma sicuramente ha portato a un sovrappeso inevitabile, che comporta un recupero più lento dello stato di forma che si aveva prima del Covid.
Chi fa attività ludica – aggiunge il medico dello sport pavese – quindi potrebbe pagare il più alto prezzo in termine di ripresa dell’organismo a un certo carico di lavoro, perché ha un adattamento diverso rispetto a quello di uno sportivo professionista che con la giusta rimodulazione dei programmi riesce a rientrare in breve tempo in uno stato di forma accettabile».
Alcuni sport hanno risentito maggiormente dello stop forzato e la loro ripresa potrebbe risultare più difficile: «Sicuramente gli sport di squadra sono quelli che subiranno le conseguenze più negative, perché non si basano solo sull’aspetto atletico, ma richiedono un gesto più complesso.
Ne risentiranno anche gli sport di combattimento, dove è sostanzialmente impossibile mantenere il distanziamento sociale».
Meno penalizzati sono state le discipline più individuali: «Invece anche durante il periodo di lockdown, – prosegue D’Introno – sport come ciclismo, atletica, podismo sono stati meno penalizzati, perché gli atleti hanno avuto la possibilità di fare qualcosa con una certa continuità.
Anche chi fa nuoto ha potuto sostituirlo facendo movimento aerobico, magari attraverso una camminata, riuscendo così a mantenere uno stato di forma buono». I ragazzi, i bambini hanno sicuramente sofferto perché lo sport è anche una valvola di sfogo. Adesso magari qualche genitore può essere, giustamente, dubbioso, ma possono riprendere serenamente a frequentare i corsi: «La ripresa è auspicabile; – conclude D’Introno – si dice che dalla metà di questo mese o entro la fine, ci sarà la riapertura dei centri sportivi, dei Grest oratoriali. I ragazzi sono suscettibili di rischio, non si può negare. Però il rispetto delle regole e del distanziamento permettono una ripresa in sicurezza anche per loro».
Le regole ci sono, vanno rispettate e sono sufficienti: «Il compito delle singole federazioni è quello di applicare i protocolli e dal mio punto di vista il genitore deve stare tranquillo perché la ripresa è sotto controllo, ribadisco, sempre nel pieno rispetto delle regole, senza le quali sia l’adulto sia il bambino corrono dei rischi. Le norme sono più che sufficienti».
Franco Scabrosetti