Adesso la vittima del Covid è l’economia

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L’opinione

La pandemia di Covid-19, che da quasi cinque mesi affligge l’Italia e molti altri Paesi del mondo, rischia di avere pesanti effetti negativi sull’andamento dell’economia, che, già prima del lockdown, aveva cominciato a manifestare segni di rallentamento a causa della guerra commerciale USA-Cina e della frenata di alcune importanti economie emergenti. Ne deriverà una caduta della domanda, una riduzione del PIL (Prodotto Interno Lordo) e, più in generale, del reddito. Al riguardo esistono numerose stime volte a quantificare la dimensione del fenomeno, anche se vanno prese con molta cautela, sia per il grado di incertezza che le contraddistingue sia perché potrebbero essere vanificate da un’eventuale seconda ondata del virus. In ogni caso, Confindustria ha ipotizzato per l’Italia nel 2020 una caduta del Pil del 6 per cento ed Eurostat del 9,5, mentre il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha parlato di un calo dell’8 per cento. Per l’Ocse la flessione sarà dell’11 per cento, ma potrebbe arrivare anche al 14 in caso di una seconda ondata della pandemia.

Naturalmente gli effetti del Coronavirus sull’economia internazionale e nazionale incominceranno presto a farsi sentire anche a livello locale, dove per avere qualche indicazione di sistema occorre fare ricorso, in mancanza di dati sul Pil, ad indicatori indiretti, demografia d’impresa e l’andamento della produzione industriale. Secondo le risultanze del registro Imprese tenuto dalla Camera di Commercio, nel 2019, in provincia di Alessandria, sono nate 2.306 nuove imprese e ne sono cessate 2.676, con un  saldo negativo di 370 unità, dato che porta a 42.258 la consistenza complessiva delle imprese registrate a fine anno e determina un tasso di crescita rispetto al 2018 pari a -0,86 per cento a fronte dello -0,35 registrato in Piemonte e al +0,4 a livello nazionale. Il calo ha interessato pressoché tutti i settori di attività economica ma è stato particolarmente rilevante per commercio (-3,63 per cento), turismo (-2,89), agricoltura (-2,31) e industria (-2,30). L’analisi per natura giuridica evidenzia la crescita delle società di capitali (+1,94%), che godono dei vantaggi della responsabilità limitata anche in presenza di capitali sociali modesti, a fronte di un calo generalizzato per le altre tipologie di impresa: società di persone -2,17, imprese individuali -1,33, “altre forme” quali consorzi, cooperative, ecc. (-2,06). Da notare che imprese individuali e società di persone rappresentano insieme il 78 per cento delle imprese provinciali, mentre le società di capitali rappresentano il 20 e “altre forme” il 2.

Segnali ugualmente poco confortanti vengono anche dall’andamento della produzione industriale. Secondo l’indagine congiunturale trimestrale di Confindustria Alessandria, le previsioni degli imprenditori erano al ribasso: l’indice SOP (Saldo Ottimisti Pessimisti) era significativamente negativo per tutti i comparti. In forte calo la redditività e le previsioni di investimento, mentre aumentavano in modo consistente le previsioni di ricorso alla Cig, diminuiva il livello degli ordini in portafoglio e crescevano le segnalazioni di ritardo nei pagamenti. In particolare, preoccupa il calo degli ordinativi, che coinvolge più di quattro imprese su cinque, con quasi il 60 per cento degli ordini in meno rispetto alle aspettative pre-crisi. Secondo Confindustria Alessandria, infine, le imprese associate manifatturiere o di servizi alla produzione attive sono oggi circa sei su dieci e impiegano solo il 60 per cento circa degli addetti. Considerando anche le imprese temporaneamente inattive per Confindustria non è sbagliato stimare in oltre la metà i lavoratori al momento non regolarmente impiegati.

Un quadro, dunque, alquanto preoccupante, reso ancor più preoccupante a livello locale dalle crisi strutturali di aziende come l’Ilva e la Pernigotti di Novi Ligure, l’edilizia e l’artigianato nel Novese e nel Tortonese.

Difficoltà che per essere superate richiederanno tempo e misure appropriate e, soprattutto, l’intesa tra Governo e forze sociali, non solo per una normale ripresa dell’attività ma anche per non danneggiare quella coesione sociale già messa a dura prova dal virus e dalle misure necessariamente adottate per contrastarlo.

Cesare Raviolo

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