Legge «inutile, dannosa e pericolosa»
L’associazione “Family Day” ha indetto la manifestazione #Restiamoliberi che si terrà l’11 luglio a Roma per protestare contro il ddl Zan. Abbiamo chiesto un commento a Massimo Gandolfini che torna a parlare di omotransfobia
Il 16 giugno scorso è stato depositato presso la Commissione Giustizia il testo di legge unificato contro l’omotransfobia, di cui l’onorevole Alessandro Zan è il primo firmatario. La discussione presso la Camera dei Deputati è stata rimandata a luglio, «compatibilmente con l’attività legislativa riguardante l’emergenza Covid». Contro questa legge sono scesi in campo i Vescovi della Cei che hanno diramato una nota nella quale manifestano il loro dissenso e di cui abbiamo parlato la scorsa settimana. Con loro si sono schierati anche molte associazioni a difesa dei valori tradizionali. Per capire meglio il significato di questa legge e le conseguenze etiche e morali per la società, abbiamo rivolto alcune domande a Massimo Gandolfini, neurochirurgo, psichiatra e presidente dell’associazione “Family Day – Difendiamo i nostri figli”, impegnata nella difesa della famiglia naturale, della libertà educativa e nel contrasto all’ideologia di gender.
Perché ha definito il ddl Zan inutile, dannoso e pericoloso?
«Il disegno di legge Zan si prefigge di introdurre nell’ordinamento italiano il reato di “omotransfobia” con lo scopo di contrastare azioni di violenza, offesa e discriminazione delle persone con condotta omosessuale. Fermo restando che nessuna persona può essere fatta oggetto di violenza, offesa, mancanza di rispetto, l’attuale ordinamento giuridico italiano prevede già tutte le fattispecie di reato, con relativa pena, per condannare e perseguire ogni forma di violenza e discriminazione. A partire dall’articolo 3 della Costituzione che vieta ogni discriminazione per “condizioni personali e sociali”, il Codice Penale annovera numerosi articoli a difesa dell’integrità fisica e morale delle persone, con l’aggravante “per motivi futili e abbietti” prevista dall’articolo 61. Più nel dettaglio e per completezza: legge Mancino 205/93 contro i “crimini d’odio” e gli atti di discriminazione e violenza; il già citato art. 61 C.P.; art.594 C.P. “offesa al decoro e all’onore di una persona”; art. 595 “diffamazione”; art. 612 “atti persecutori”.
Numerose sono le sentenze di Tribunali che hanno già condannato atti violenti contro persone omosessuali utilizzando gli strumenti suddetti. In questo senso, questa legge è assolutamente inutile. Ma purtroppo, non è solo inutile: è pericolosa e dannosa.
Pericolosa, perché viene a limitare gravemente la libertà di opinione e di libera manifestazione pubblica del pensiero, garantite peraltro dall’articolo 21 della nostra Costituzione. Queste libertà costituiscono il fondamento della società democratica, tant’è che ogni dittatura – basti pensare a quelle del XX secolo, dal nazifascismo al comunismo – hanno sempre imposto leggi liberticide della libera opinione e della manifestazione pubblica del libero pensiero. Anche oggi assistiamo ad un tentativo illiberale di imposizione, che non esito a definire dittatoriale, di un “pensiero unico” in tema di orientamento e condotta omosessuale, che non ammette opinioni diverse, pena essere perseguiti per “omotransfobia” e per “istigazione all’odio omofobico”.
Qualunque persona di semplice buon senso, capisce bene che su temi sensibili che investono la sfera intima e privata, vi possono essere visioni personali opposte e non è pensabile imporre una visione unica e indiscutibile. Oggi, nel nostro tempo contrassegnato da una società multiculturale, multietnica e multireligiosa, è davvero inspiegabile il tentativo di imporre dogmi antropologici che riguardano la sfera affettiva/relazionale/sessuale delle persone. Si aggiunga che, non essendo definita la fattispecie del reato di omotransfobia – è noto a tutti che non esiste una definizione giuridica del significato stesso del neolinguismo “omofobia” – verrebbe lasciato un margine di discrezionalità interpretativa da parte del singolo giudice e del singolo Tribunale, in palese contrasto con il “principio di legalità” che sta alla base dello stato di diritto. Un giudice potrebbe considerare reato di istigazione omofobica il semplice affermare che la pratica dell’utero in affitto è incivile, barbara e da condannare!
Dannosa, perché si verrebbe a delineare una sorta di casta privilegiata e protetta in modo speciale – le persone omosessuali – sulla base di una libera scelta privata di condotta sessuale. A parte l’evidente inconciliabilità con il principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte allo Stato, sancito dall’articolo 2 della Costituzione, c’è da chiedersi perché un atto di violenza, verbale o fisica, perpetrato su una persona omosessuale deve essere più grave e sanzionato più pesantemente rispetto all’identica condotta su una persona eterosessuale? Che cosa ha a che fare con l’ordinamento giuridico dello Stato, la scelta privatissima – che non dovrebbe neppure essere dichiarata – di condotta sessuale?».
Ma la legge dovrebbe tutelare e difendere gli omosessuali.
«Si dice che questa legge è necessaria per proteggere le persone omosessuali, oggetto di violenze e di discriminazioni. Evitiamo forzature ideologiche strumentali e cerchiamo di guardare i fatti con onestà e lealtà. Certamente dobbiamo incresciosamente registrare atti di bullismo e di violenza verso queste persone: sono da condannare e perseguire con fermezza utilizzando gli strumenti giuridici già disponibili. Sul piano culturale, va detto a chiare lettere che chi si macchia di simili crimini è un pericoloso “imbecille” che si merita la condanna. Ciò detto, tutte le agenzie nazionali ed internazionali che si occupano di monitorare i crimini contro persone omosessuali (OSCAD e Agenzia Europea per i Diritti Umani) attestano che l’Italia è uno dei Paesi più accoglienti e “gay friendly” (come si dice in gergo) del mondo. Nel 2019 i reati registrati e condannati sono stati una trentina, a fronte di Paesi considerati liberal e all’avanguardia circa i diritti della comunità LGBT+, come i Paesi anglosassoni e scandinavi, che ci precedono di gran lunga in questa squallida classifica.
Le persone omosessuali devono essere tutelate come ogni altro cittadino italiano, potendo – se necessario – applicare solo l’aggravante “per futili ed abbietti motivi” prevista dall’arti 61 C.P.».
Cosa comporterebbe l’approvazione della legge per i cattolici italiani?
«Se dovesse passare una legge del genere, ecco nella pratica quali sono i possibili scenari in cui si potrebbe essere perseguiti per reato di omotransfobia e di istigazione all’odio omotransomofobico:
dire che la famiglia è una sola, formata da papà maschio e mamma femmina, con i bambini;
affermare che “rispettare la dignità di un bambino, significa affermare la sua necessità e il suo diritto naturale ad avere un padre e una madre” (A.L. 172);
condannare la vergognosa ed incivile pratica dell’utero in affitto;
condannare le pratiche di fecondazione artificiale per coppie “omogenitoriali”;
condannare l’ideologia gender “sbaglio della mente umana” (Papa Francesco, 22.03.2015);
citare San Paolo (condanna della sodomia) e la Dottrina Cattolica sul tema dell’omosessualità;
educare i propri figli, e tenere corsi di educazione all’affettività e sessualità, secondo le norme naturali dell’identità sessuata e della complementarietà procreativa;
dichiarare che “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, fra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia” (A.L. 251).
Sono solo alcuni esempi concreti che, ahinoi, si possono moltiplicare davvero a dismisura».
Se ci sono validi motivi per preoccuparsi, come pensa che si possa mobilitare l’opinione pubblica per far comprendere la gravità degli scenari che si prospettano?
«È evidente che c’è di che allarmarsi ed essere molto, molto preoccupati, anche considerando che questo ddl sta passando in sordina, cercando di non attirare la pubblica opinione, se non con slogan strumentali e ipocriti che prefigurano intenti discriminatori verso le persone omosessuali assolutamente inesistenti, salvo – come già detto – pochi ed esecrabili casi sporadici, da condannare e già condannati.
Per questo abbiamo organizzato una grande manifestazione pubblica, a Roma, in piazza del Popolo, sabato 11 luglio alle ore 11, riunendo tutte le realtà che hanno a cuore le libertà democratiche e il contrasto alla dittatura del pensiero unico, sotto un unico slogan #Restiamoliberi. Certamente la mia associazione “Family Day – Difendiamo i nostri figli” è convintamente promotrice. Non è il tema principale, ma vogliamo mettere a conoscenza tutti i cittadini italiani che questa legge andrà finanziata con qualche milione di euro: nella condizione di oggettiva emergenza povertà che il nostro Paese sta vivendo, riteniamo che ci sarebbero capitoli di spesa ben più necessari e virtuosi ove allocare queste risorse!
Restiamo liberi di manifestare il proprio pensiero, liberi di educare, liberi di parlare e di scrivere, liberi di associarsi sulla base di scelte antropologiche fondamentali che riguardano la vita e la famiglia, liberi di professare pubblicamente la propria fede, liberi di svolgere nel mondo un’azione sociopolitica che contrasti ogni imposizione di dittatura del pensiero unico».
Daniela Catalano
Chi è Massimo Gandolfini?
Massimo Gandolfini è nato a Roma il 31 agosto del 1951 ma risiede a Brescia. Dirige il Dipartimento di Neuroscienze e Chirurgia testa-collo dell’ospedale Fondazione Poliambulanza di Brescia. Nel 1977 si è sposato e, dopo qualche anno, ha adottato una bimba in Perù. Dopo questa prima adozione sono seguite altre sei adozioni: due bimbi brasiliani e quattro italiani. Oggi i primi quattro figli (due femmine e due maschi) sono sposati e lui è nonno. Nel 1978 è stato fra i primi medici a dichiarare l’obiezione di coscienza rispetto alla legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza e nel 1981 si è impegnato intensamente a favore del referendum abrogativo. Nel 1974 ha aderito con la fidanzata al Cammino neocatecumenale, un itinerario di fede fondamentale per la sua vita. Dal 1995 è consultore neurochirurgo della Congregazione delle cause dei santi. Nell’ambito del dibattito sul tema “teoria di gender” Gandolfini è uno dei massimi esperti in ordine agli aspetti biologici e neurobiologici della strutturazione dell’identità sessuata femmina/maschio e della costruzione dell’identità di sé del bambino, durante il tempo dell’età evolutiva, sottolineando l’importanza del confronto strutturante con mamma e papà. Il Comitato “Difendiamo i nostri figli”, che poi è diventato associazione e di cui oggi lui è presidente, è nato nel giugno del 2015, in un contesto in cui la politica poneva crescente attenzione alle teorie del gender (e alla proposta del disegno di legge Cirinnà per il riconoscimento delle unioni civili) e ha organizzato due Family Day, il 20 giugno 2015 e il 30 gennaio 2016, che hanno raccolto un forte consenso popolare.