Una scuola a metà

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L’anno bisesto e funesto 2020 ha allungato i tentacoli anche sull’inizio della scuola: dopo mesi di congetture, ipotesi fantasiose, linee guida provvisorie, la macchina scolastica si è messa in moto, annaspando un po’, ma, a dieci giorni dalla campanella d’inizio, pare avere imboccato la super strada. L’impegno per il personale scolastico è stato titanico; per i ragazzi si sta rivelando arduo adattarsi a una nuova modalità, non tanto per il prosieguo, in alcuni casi, della didattica a distanza, fruttuosamente collaudata durante il lockdown, quanto per le ripercussioni sulla socialità. La ragazza, appreso che dovrà attenersi a un sistema misto, che prevede la presenza a giorni alterni in classe di non più di 14 alunni su un totale di 27, ha immediatamente incendiato la polemica: «Così non va affatto bene! È stata divisa la classe in base all’ordine alfabetico: come faccio? I miei amici hanno i cognomi dalla A alla L, io sono nella seconda metà dell’elenco! Potresti telefonare in segreteria e chiedere che mi spostino?». Non oso immaginare in quale esotico paese mi potrebbero a piena ragione indirizzare le signore della segreteria del liceo se osassi questa capricciosa richiesta, in un momento in cui gli uffici amministrativi scolastici sono più in subbuglio e laboriosi della fucina di Vulcano.

Il primo giorno di scuola è contraddistinto da una generale mestizia e stride il confronto con lo scorso anno quando la fanciulla, aspirando alla pole position di fronte al cancello al fine di «entrare in aula per prima e occupare le ultime 3 file di banchi, così noi del nuoto stiamo tutti vicini», uscì baldanzosa di casa alle 7.10 per percorrere 600 metri e iniziare le lezioni alle 8. In questo strano inizio, invece, si posiziona sospirando davanti al computer, invidiando i compagni che si trovano fisicamente in classe.

La situazione non migliora quando è il suo turno per le lezioni in presenza: «Una tristezza infinita, siamo in prigione! Si entra a scuola da tre ingressi diversi: ho incontrato solo i miei compagni. Bisogna fare l’intervallo seduti e non ci si può alzare per fare due chiacchiere. Si va in bagno o alla macchinetta del caffè uno alla volta, quindi alla fine non si fa in tempo, perché la fila è lunga e l’intervallo finisce! Non ho potuto prendermi il cappuccino: mi piaceva tanto berlo e parlare con i ragazzi delle altre classi… Questa è una scuola a metà!». Non so cosa obiettare: la didattica per chi resta a casa procede, anche se con qualche comprensibile intoppo informatico, l’impegno degli insegnanti trascende di gran lunga le ore di lezione, ma ai ragazzi resta un amaro retrogusto, stemperato solo da un’utopica supposizione: «Saranno a metà anche le verifiche e le interrogazioni?».

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