Raccontami dei nonni

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Per partecipare al nostro Speciale (alle pagine 16 e 17), ho cercato una fotografia dei miei nonni, residenti in Cielo: vederla pubblicata sul giornale mi sembra un bel modo per onorarne la memoria in occasione della Festa dei Nonni, angeli custodi dell’infanzia. La ragazza ha preso parte a questa caccia al tesoro ed è stata un’inaspettata occasione per farle conoscere il mio vissuto con i nonni: la sua espressione interessata e i «raccontami cosa facevate» ci hanno regalato una preziosa ora di foscoliana “corrispondenza di amorosi sensi”. I miei erano nonni giovani: quando sono nata mia nonna materna aveva 53 anni: mi ha accompagnato per molti anni e ho avuto l’onore di renderla bisnonna. Essendo io la primogenita di tre nipoti, il rapporto con i nonni era privilegiato e restano impressi nella mia memoria episodi divertenti, che ben tratteggiano questa coppia rimasta sposata per 65 anni.

La nonna era una compagna di giochi che si equiparava gioiosamente al mio essere una bimbetta di 3-4 anni: mentre mia mamma era al lavoro, la facevo travestire da “regina”, utilizzando le vestaglie da notte, gelosa-mente custodite nel settimanale; all’approssimarsi dell’ora del rientro, scattava l’allarme: «Presto, mettiamo tutto in ordine: se tua mamma si accorge che le abbiamo aperto “il trumeau”, sgrida tutte e due!». In occasione delle infantili febbriciattole erano invece le fiabe a farla da padrona: erano raccontate rigorosamente in dialetto (la nonna utilizzava l’italiano solo se si rapportava al parroco o al medico), tranne per molte terzine del can-to V del Purgatorio che, sorprendentemente, pur avendo frequentato la scuola solo fino alla terza elementare, recitava a memoria, tanto che io la incalzavo: «Raccontami ancora di quella che dice “ricordati di me che son la Pia”». Crescendo mi sono avvicinata al nonno, al quale era stato affibbiato dai coetanei il soprannome di “il principe” per la sua avvenenza in età giovanile. Mi affascinavano molto le orgogliose memorie da Alpino della Seconda Guerra Mondiale, in particolare la sua rocambolesca fuga dopo l’8 settembre 1943, travestito da pastore. Da lui sono stata iniziata alla passione per il Giro d’Italia: la visione della tappa quotidiana costituiva un must; la nostra tifoseria era agguerrita e in contrasto: lui moseriano della prima ora, io prediligevo il più giovane Saronni. Le animosità venivano placate da una succulenta merenda: una tazza di vino di uva americana con un panino (la rosetta) per lui, mentre per me era prevista la versione diluita con l’onnipresente acqua Vichy oppure la rosetta con burro fatto in casa e zucchero. Di fronte a quest’ultimo particolare la ragazza non riesce a commentare nulla: un altro miracolo dei nostri angeli custodi!

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