Condanna alla violenza. Ma quelle vignette sono blasfeme
L’opinione di Antonio Giorgi
Le prime notizie d’agenzia, i primi notiziari tv e web indicavano la cattedrale quale teatro dell’agguato che giovedì 29 ottobre ha fatto tre morti a Nizza. No, non è stato un omicidio nella cattedrale, omicidio plurimo purtroppo: Santa Reparata, nel cuore della città vecchia, non è stata profanata dalla violenza sacrilega e folle di uno (o più di uno?) attentatore mosso da chissà quale e quanto odio verso i simboli del cristianesimo e verso la Francia che accoglie milioni di musulmani ma è segnata a dito quale nemico dell’Islam da alcuni gruppi del fondamentalismo estremista. È toccato invece alla basilica dell’Assunzione essere bagnata dal sangue di innocenti. L’arteria del tram, delle boutiques, dei grandi magazzini e dell’intensa frequentazione pedonale, quella rue Médecin che perpetua la memoria di un sindaco chiacchieratissimo, è diventata la via dell’attaque au couteau, l’aggressione con il coltello, tre vittime ma avrebbe potuto essere una vera strage. Come se a Nizza non dovesse bastare il sangue versato dall’estremismo islamista la sera del 14 luglio di quattro anni fa, il camion lanciato sulla folla del lungomare, 86 morti, 87 con l’attentatore, 458 feriti. Anche due delle nostre parti, due coniugi vogheresi, tra le vittime.
«Ce l’hanno con la Francia perché è il Paese della libertà», è il mantra del mondo politico d’oltralpe mentre la rabbia antifrancese dilaga da Istanbul all’intero Medio Oriente che si sente colpito nei valori di riferimento, nella sua fede, nel modo di manifestare la propria credenza e anche nel prestigio dei propri leader.
Che l’Islam abbia molti volti è una realtà; che sia identificabile con l’intolleranza, la violenza e il sangue solo chi è violento e intollerante lo può credere, e noi cristiani sulla violenza dovremmo fare un esame di coscienza. Che le vignette del settimanale Charlie Hebdo – anche stavolta detonatore dell’ondata antifrancese che percorre la sponda sud-orientale del Mediterraneo – siano però forsennatamente dissacranti prima che umoristiche e ferocemente blasfeme nei confronti di una religione rispettabile come tutti i credo, lo denunciano vari osservatori. È senza se e senza ma la condanna per chi ricorre al coltello o al kalashnikov nella demenziale convinzione di difendere principi religiosi. Ma la libertà di cui la Francia è vessillifera si rafforza e trae lustro da una stampa ancorché pesantemente satirica e tuttavia aliena dalla volgarità, attenta alla misura, alla decenza, al buon gusto. Non per autocensura ma a vanto della propria dignità civile. Lo pensa uno che pure sotto lo striscione Je suis Charlie ha ritenuto doveroso partecipare a Nizza al corteo di solidarietà nei confronti della rivista dopo l’attentato del 7 gennaio 2015, 12 morti.
(Foto: ANSA / SIR)