Il ritorno di Sophia Loren

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Mancava da 16 anni al cinema ma finalmente Sophia Loren è tornata, a 83 anni, a far emozionare il suo pubblico in La vita davanti a sé, diretta da suo figlio Edoardo Ponti, l’unico che potesse riuscire a riportarla davanti a una macchina da presa e con cui l’attrice aveva già lavorato. Il film (su Netflix dal 13 novembre) è tratto dal romanzo omonimo di Romain Gary e racconta la storia di Madame Rosa, un’ebrea sopravvissuta all’Olocausto che cerca di tirare avanti in una Bari popolare ospitando bambini con situazioni difficili in un asilo da lei fondato.

A cambiarle la vita sarà il piccolo Momo (l’esordiente Ibrahima Gueye), che prima prova a derubarla al mercato e subito dopo costruirà con lei un rapporto fatto di sostegno, amore e scoperta, superando i pregiudizi e le difficoltà della vita.

La vita davanti a sé ci presenta due persone totalmente agli antipodi, diverse per età, cultura e religione. Ma nonostante ciò, dopo un principio burrascoso, Madame Rosa e Momo scoprono di avere somiglianze, affinità, entrambi in lotta con angosce e dolori a causa di un passato a dir poco disagevole.

I demoni interiori non lasciano scampo, interferendo con il presente, ma c’è un modo per superare le inesplicabili difficoltà: amore e amicizia sono in grado di lenire ogni malessere. Così la casa di Madame Rosa diventa metafora di famiglia. Ma il successo del film si conferma nell’interpretazione della Loren: tutto ruota intorno a lei e al suo viso, trasmettendo allo spettatore le sofferenze e i patimenti del suo personaggio. Dal dolore dell’Olocausto al passato da prostituta, a una vecchiaia complicata per ragioni economiche e fisiche, l’attrice riesce a sostenere il peso di un ruolo ponderoso. Degna di nota anche l’interpretazione del giovanissimo Ibrahima Gueye. Un film di grandi emozioni, che invita lo spettatore a riflettere su concetti come la tolleranza e il perdono. La colonna sonora di Gabriel Yared conferisce una dimensione delicata e umana.

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