“Lezioni di persiano”

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Questa settimana focalizziamo l’attenzione su “Lezioni di persiano”, ispirato a una storia vera, disponibile in streaming. Siamo nella Francia occupata del 1942, dove migliaia di ebrei sono stati catturati dalle SS. Su un carro, il giovane Gilles scambia il suo panino con un antico libro scritto in farsi (la lingua parlata in Persia) e dedicato a un tale Reza Joom. Proprio questo libro concede a Gilles di salvarsi la vita poco dopo, quando le guardie evitano di fucilarlo perché il giovane dice di essere persiano e non ebreo.

Tuttavia, la clemenza delle guardie ha ben poco di nobile: infatti, Gilles è portato immediatamente dall’ufficiale nazista Koch, il responsabile delle cucine di un campo di concentramento col desiderio di imparare il farsi per potersi trasferire a Teheran e aprire un ristorante alla fine della guerra. Il povero Gilles, che prende il nome di quell’ignoto Reza a cui è stato dedicato il libro, si trova davanti a una scelta fatale: arrendersi ai nazisti o fingersi persiano per insegnare il farsi pur non conoscendolo. L’aspetto linguistico del film è decisamente encomiabile: vedere Gilles e Koch conversare in un persiano fittizio con disinvoltura è al contempo strano e toccante, mentre nel resto del film si alternano francese e tedesco. A tratti i dialoghi risultano difficili da seguire, ma il doppiaggio e la traduzione in italiano non renderebbero al meglio l’autenticità dell’atmosfera del lungometraggio. La performance del protagonista, interpretato da Nahuel Pérez Biscayart, è sicuramente quella che risalta di più. Supportato da una splendida fotografia ricca di note cupe, la pellicola presenta tuttavia qualche carenza dal punto di vista narrativo. Il film inizia in modo fin troppo repentino, lasciando ben poco tempo allo spettatore per comprendere appieno l’ambientazione in cui ci si trova. L’umanizzazione di tutti personaggi è un punto chiave della pellicola, evidenziando che anche i nazisti avevano sogni, sentimenti e desideri oltre la loro divisa. Quando si dice: la banalità del male.

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