A Roma per incontrarLo

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LEI

Roma caput mundi. Indipendentemente dal fatto che sia l’anno giubilare, sembra sempre che tutto l’universo confluisca lì. Partiamo per questi 4 giorni di pellegrinaggio e ci rendiamo subito conto del caotico traffico romano fatto di pullman, taxi, auto, forze dell’ordine e tante persone. Anche noi ci sommiamo alla folta folla e in modo miracoloso riusciamo quasi sempre ad arrivare a sera con il gruppo al completo. I giorni sono stati scanditi da momenti di grande spiritualità come la processione con la croce per arrivare ad attraversare la Porta Santa a San Pietro, la celebrazione della Messa in basilica e, il giorno dopo, a San Paolo fuori le mura; la catechesi in San Giovanni in Laterano, la Scala Santa. Esperienze intense e toccanti in cui si respira la bellezza dei momenti vissuti per e con il Signore. A tutto questo si sono aggiunte anche occasioni di gioiosa convivialità. Il nostro era un gruppo variegato e insieme abbiamo conosciuto persone nuove o scoperto più a fondo quelle note. Rido da sola se ripenso a certi attraversamenti pedonali dove un rosso rischiava di disperdere qualche pecorella del nostro gregge. Abbiamo imparato certamente tutti a contare fino a 50 che era il numero dei partecipanti e in modo quasi naturale ognuno si è sentito un po’ guardiano dell’altro. Abbiamo condiviso tutto: preghiere, tavola, strada… persino gli stornelli cantati insieme. È stato un Giubileo ovvero una gioia: dello spirito che si unisce alla ricchezza delle relazioni.

arifer.77@libero.it

LUI

Ripenso al pellegrinaggio diocesano a Roma per il Giubileo e la mia mente è un caleidoscopio di ricordi. Le celebrazioni che ne sono il cuore, la Porta Santa, le occasioni (necessarie come l’aria) di preghiera comunitaria e personale, il sentirsi parte di un popolo in cammino guidato dai propri pastori. Però anche altre immagini si affacciano alla mia mente: le giacche a vento verde acido dei volontari, il caos di Roma con la conseguente apprensione a ogni attraversamento pedonale del nostro gruppo e gli stornelli romani in sottofondo nella cena a Trastevere. Mi sento un po’ in colpa, mi dico che il Giubileo dovrebbe essere qualcosa di spirituale e che non va bene menzionare le mezze maniche all’amatriciana nello stesso articolo. Eppure la nostra è la fede nell’incarnazione, quella di un Dio che crea il mondo di cui dice che “era cosa buona” e l’uomo “cosa molto buona” e che si fa carne entrando nella storia, fatta di cose grandi e piccole solo apparentemente marginali. La storia è il luogo in cui il Signore ci dà la possibilità di incontrarLo e il mezzo è la relazione con i nostri fratelli che ce Lo mostrano– come quel gruppo di ragazzi austriaci inginocchiati durante la Messa a San Paolo fuori le mura – e a cui noi siamo a nostra volta chiamati a portarLo. Ecco: l’incontro è il cuore. Pietro ha incontrato il Signore e la sua vita è cambiata. Lo stesso per Paolo. Per questo siano stati a Roma, la loro città: possiamo fare anche noi lo stesso incontro, quello davvero decisivo della vita.

andrea.rovati.broni@gmail.com

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