A spasso con il pitbull
Di Ennio Chiodi
Quanto valgono – di questi tempi – la vita e il futuro di un bambino di pochi anni, di pochi mesi? Quanto vale la vita di Francesco Pio, 13 mesi, sbranato e ucciso da Totò e Pablo, due pitbull che giravano, apparentemente tranquilli, nel giardino di casa, a Eboli? E quanto vale la vita di Michele, la creatura di soli 5 mesi improvvisamente azzannato più volte alla testa e ucciso dal pitbull di famiglia tra le braccia della nonna, nel Vercellese? E il futuro delle ragazzine di 7 e 15 anni aggredite nel Foggiano da un pitbull che era riuscito improvvisamente a liberarsi dal guinzaglio della padrona? E della bimba di 2 anni ferita gravemente al volto e alle gambe mentre giocava con la gemellina nel loro appartamento di Sesto San Giovanni? Sono solo le ultime vittime, in ordine di tempo, di un drammatico, lungo elenco di inammissibili aggressioni da parte di questi animali, morsicatori per definizione, costruiti per attaccare, per aggredire la preda con mosse velocissime e quasi sempre imprevedibili. Fermarli è quasi impossibile e sempre molto pericoloso. Quanto vale la vita di un bambino? Di più o di meno del desiderio, del capriccio, del caparbio proposito di possedere ed esibire questi esemplari? Il pitbull, come il rottweiler e altre varietà, selezionate per l’attacco, la guardia e la difesa personale, fa parte di un elenco di razze canine potenzialmente pericolose individuate da un’ordinanza del 2003 del ministro Girolamo Sirchia (lo stesso – per capirci – che ha virtuosamente promosso il divieto di fumare nei locali chiusi) poi cancellata dai Governi successivi sotto la spinta di movimenti animalisti. La norma imponeva attenzioni e obblighi stringenti per i proprietari, compreso quello di stipulare assicurazioni specifiche. Il dibattito su questi temi appare timido e ancora troppo orientato a giustificare e tranquillizzare, sempre e comunque. Lo fanno i proprietari, sostenendo la bontà e la mitezza dei loro animali («Finora non ha mai fatto male a nessuno…» Appunto: finora!), lo fanno le associazioni e lo fanno alcuni veterinari che attribuiscono le tragedie più al cattivo addestramento e alla superficialità dei padroni che alla natura degli animali. Altri, come il professor Luigi Boitani, grande esperto di comportamenti animali e docente di Zoologia alla Sapienza di Roma, sostengono apertamente la necessità di vietare l’allevamento e il possesso di pitbull e altri cani potenzialmente molto pericolosi, come gli amstaff e i rottweiler. Avviene già in molti Paesi d’Europa – tra cui Francia e Gran Bretagna– e del mondo. Le varietà canine sono oltre 600, senza contare meticci e bastardini. Cosa mai vorrà comunicare chi preferisce un pitbull, lo porta a spasso e se lo mette in casa?
enniochiodi@gmail.com