«Abbiamo una grande opportunità: svolgere un’azione attenta all’uomo»

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Mario Dealessi, nuovo primario di Medicina Interna e Pronto Soccorso, ha chiari gli obiettivi da raggiungere

Dal 1° aprile l’ospedale “S.S. Antonio e Margherita” di Tortona ha un nuovo primario del reparto di Medicina Interna e Pronto Soccorso: Mario Dealessi, 64 anni, di Alessandria, laureato all’Università di Genova e specializzato in Medicina interna e in Diabetologia e malattie del ricambio. Dal 1° maggio dello scorso anno ha svolto le funzioni di direttore di Medicina Interna a Casale Monferrato con responsabilità sia delle Aree convenzionali sia di quelle Covid, organizzando la ristrutturazione dei vari reparti in funzione dell’attività di assistenza dei malati ricoverati a causa della pandemia. Grazie alla sua grande esperienza e alla sua professionalità, ha subito iniziato a lavorare per il rilancio dell’attività ospedaliera locale.

Dopo le recenti vicissitudini, il suo arrivo è stato salutato in modo positivo da tutto il personale che ha trovato in lui un medico con le idee chiare e determinate e disposto a investire per il futuro della sanità territoriale. Abbiamo rivolto alcune domande a Dealessi per capire quali sono i futuri obiettivi del suo nuovo impegno nei due reparti tortonesi.

È passato poco più di un mese dal suo insediamento. Quale realtà ha trovato all’ospedale di Tortona?

«Il mio arrivo è stato preceduto da una conoscenza superficiale del personale sanitario e amministrativo ma da una fama di estrema operatività ed efficienza.

E ho constatato di persona che la nomea era pienamente giustificata, a fronte di un momento alquanto complicato e critico per la sanità in generale e per il nostro ospedale in particolare. Tutti i protagonisti di questa lotta al Covid erano reduci da un periodo alquanto lungo che ha stravolto abitudini di vita, rapporti interpersonali, situazioni familiari, lavorative e sociali. Ciò nonostante lo spirito di solidarietà e di disponibilità non solo non si è affievolito anzi si è consolidato e ha permesso di ottenere risultati sempre migliori alla realtà ospedaliera e a me di integrarmi con facilità e di iniziare da subito una collaborazione fattiva in un clima molto familiare».

Ha individuato alcune criticità?

«Purtroppo Tortona ha pagato il prezzo più caro di questa lotta anti Covid dovendo far fronte, con tutte le sue energie, alle necessità non solo della città e del territorio ma anche di tutta la Regione trasformandosi in “Covid Hospital” che, a fronte della definizione altisonante, ha visto, in realtà, penalizzare molte sue risorse a favore delle esigenze di diagnosi e cura del momento. Questo sforzo è stato portato avanti con professionalità e qualità ma ha depauperato molti servizi da destinare alla popolazione che ha sempre visto nel proprio Presidio ospedaliero un riferimento per cure e diagnosi. La situazione va recuperata al più presto, non appena il quadro pandemico avrà lasciato il posto alla riorganizzazione dei vari servizi da destinare alla popolazione».

Ci sono all’orizzonte progetti per implementare le Unità da lei dirette? E in particolare il Pronto Soccorso?

«Naturalmente la riorganizzazione dei servizi non può prescindere da un Pronto Soccorso all’altezza delle necessità funzionali e di personale. Molti medici e molto personale infermieristico sono stati dirottati ad altre funzioni, in altri ospedali e pertanto occorre recuperare tale patrimonio umano e professionale integrandolo con forze giovani.

A questo progetto va affiancato opportunamente il ripristino e il potenziamento di servizi che si vadano a integrare con quello che la Medicina e il Pronto Soccorso offrono: Cardiologia, Neurologia, ecc. Facendo leva su quelli che storicamente hanno permesso di supportare tutto il lavoro fin qui svolto: Radiologia, Laboratorio Analisi e Trasfusionale, ecc. Tutto ciò senza competizione con il vicino ospedale di Novi Ligure ma a integrazione e completamento. E in funzione di tale progetto il mio pensiero va a tutta l’attività ambulatoriale che potrebbe garantire qualità di servizi e risposte alle esigenze della popolazione di Tortona e del territorio».

L’esperienza Covid-19 come ha cambiato l’approccio alla cura del paziente?

«Posso rispondere a titolo personale avendo operato in una Medicina altrettanto dedicata al Covid e con tutte le incognite che hanno accompagnato l’evolversi e lo sviluppo della pandemia. Abbiamo dovuto ripensare a un diverso approccio alla malattia e al malato: mettendo alla prova nozioni consolidate e altre tutte da scoprire ma anche fermandoci a riflettere sul nostro ruolo di fronte a persone isolate, spaventate, senza l’affetto della famiglia. E mi sono fatto l’idea che abbiamo una grande opportunità: facendo leva sulla solidarietà che si è sviluppata tra colleghi – ospedalieri e sul territorio – di reparti differenti, tra personale con compiti svariati e con i malati che cercano più che mai il conforto della nostra presenza, possiamo ripensare a un’azione più attenta all’uomo. Solo così, sono convinto, potremo uscire da questa esperienza diventando persone migliori».

Ha un aneddoto da raccontarci sui primi giorni della sua esperienza?

«La situazione più curiosa è stata l’essermi smarrito nei corridoi il primo giorno. Fortunatamente il personale amministrativo – anch’esso sempre gentile e disponibile – mi ha preso per mano e mi ha fatto ritornare sulla “dritta via”».

Daniela Catalano

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