Abesse: chi era costui?

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Le nostre giornate sono sempre più articolate e necessitano di un’organizzazione ferrea, requisito che viene miseramente a cadere quando dobbiamo confrontarci con un adolescente.

Ci si scontra con sguardi interrogativi o persi nel vuoto; la nostra voce è quella “di uno che grida nel deserto” poiché il teenager vive nell’iperuranio e guarda alle incombenze quotidiane con un superiore e talvolta disgustato distacco.

Questo comporta: firmare verifiche scolastiche sull’ascensore mentre si esce per andare a scuola, effettuare i bonifici per le gite all’ultimo secondo prima della scadenza, assemblare improvvisati pranzi al sacco, di cui non si aveva avuto alcun preavviso, per le gare in trasferta alla domenica mattina alle 6 e altre delizie…

La connaturata svagatezza adolescenziale implica anche sporadiche ricadute sulla concentrazione scolastica.

In un tranquillo tardo pomeriggio la fanciulla si appresta, con un’espressione entusiasta simile a quella di Morgan Freeman ne “Il miglio verde,” a tradurre per compito alcune frasi dal latino all’italiano.

Vengo chiamata in causa per un consiglio: «Guarda come inizia questa frase: Abesse. Secondo me è uno».

Voglio capire: «Come uno?».

«Ma sì, sarà l’ablativo o il dativo del nome di qualcuno, tipo un generale romano: guarda, più avanti c’è pugnavit!».

Trattengo dentro di me la tonante voce di Vittorio Sgarbi che urla “capra!” e proseguo: «Eh sì, proprio un generale romano, magari uno di quelli che hanno distrutto Cartagine».

Illuminazione nello sguardo della figliola: «Sì, sì, sarà uno di quelli lì, l’abbiamo studiato in storia. Vedi? Faccio anche i collegamenti!».

Decido di abbandonare l’ovino bipede alla sua triste sorte: «Va bene. Cerca sul vocabolario».

Dopo pochi minuti di forsennato sfogliare: «Non c’è. Mi sa che non è un nome».

Mi sento un po’ sollevata: «E cosa potrebbe essere?».

Folgorazione: «Un verbo! È l’infinito di absum!».

Non mollo la presa: «Dimmi tutti i composti di sum»: segue snocciolamento dei suddetti con relativi paradigmi.

A questo punto la domanda sorge spontanea: «Ma se sai i paradigmi, come ha fatto a venirti in mente che potesse essere un nome proprio?».

«Boh, poteva starci: come esiste Apelle poteva esistere Abesse».

Eh sì, Apelle, figlio di Apollo… quello che fece venire a galla tutti i pesci!

Silvia Malaspina

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