Associazione “Enrico Cucchi Onlus”: dalla parte di chi soffre

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La XXVII Giornata Mondiale del malato sarà celebrata lunedì 11 febbraio

Lunedì 11 febbraio la Chiesa celebra la XXVII Giornata Mondiale del Malato, l’appuntamento che ogni anno invita a riflettere sulla condizione di salute e malattia, quale mistero che avvolge la vita. “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8): la prospettiva nella quale si colloca il tema scelto per Giornata 2019 è la solenne celebrazione eucaristica mondiale che si terrà quest’anno in India a ricordo di Santa Teresa di Calcutta, che nella sua vita si è resa “a tutti disponibile attraverso l’accoglienza e la difesa della vita umana, quella non nata e quella abbandonata e scartata”, come ha detto il Papa. Anche nelle nostre realtà ci sono persone che, attraverso la loro nella disponibilità, si fanno prossimo di chi soffre e sono in grado di offrire con generosità il loro “servizio di consolazione”. Tra queste ci sono sicuramente i volontari dell’associazione “Enrico Cucchi Onlus” per le cura palliative di Tortona che, da più di 25 anni, sono impegnati nel mondo del volontariato.

 

 

L’associazione “Enrico Cucchi Onlus” è nata nel 2002, grazie all’intuizione di un gruppo di medici e di alcuni infermieri che lavoravano in ospedale a Tortona e spesso vedevano persone morire tra grandi sofferenze.

Tra i fondatori c’era anche la dottoressa Pia Camagna, anestesista, oggi in pensione, che ci ha raccontato la storia di questa realtà.

Le cure palliative, nate in Inghilterra alla fine dell’800, in Italia sono arrivate molto tardi, intorno agli anni ’50 del Novecento. Dopo aver sentito parlare di terapia del dolore e di questo tipo di cure, un gruppo di medici tortonesi decise di fondare l’associazione “Volontari per le cure palliative”.

Nel 1996, Enrico Cucchi, giovane giocatore dell’Inter muore all’ospedale di Tortona, a causa di un tumore.

Dopo la sua morte i volontari hanno deciso di intitolare a lui l’associazione. Cucchi era stato il loro paziente più giovane e, con grande consapevolezza, aveva deciso con i medici le terapie da seguire. Dopo la sua morte la mamma, Paola Novelli, e la famiglia sono diventati grandi sostenitori dell’associazione e la mamma in particolare è stata anche la prima volontaria non sanitaria che teneva compagnia ai pazienti in day hospital oncologico.

Attualmente, dopo le ultime elezioni, è stata eletta proprio lei come presidente.

Mentre l’associazione muove i primi passi, in Italia si comincia a parlare diffusamente di cure palliative il cui nome deriva dal latino “Pallium” che significa mantello, quindi che avvolge e che protegge e il santo protettore è proprio San Martino, noto per aver diviso il mantello con il pellegrino.

Nel 1999 arriva anche la prima legge che stabilisce che ogni Asl deve avere un’unità dedicata con personale medici e infermieri specialistici.

E proprio grazie al caparbio impegno della dottoressa Camagna anche all’ospedale di Tortona viene istituita l’Unità di Cure Palliative, di cui lei diventa responsabile.

Nell’associazione, oltre ai volontari “laici” ovvero non sanitari, che sono più di 50, ci sono anche tre medici e quattro infermiere, una fisioterapista e una psicologa che, al di fuori dell’orario di lavoro, dedicano parte del loro tempo libero ai malati.

I volontari sono sempre operativi e pronti a impegnarsi negli orari “scoperti”, mentre i pazienti hanno a disposizione un numero telefonico per chiedere sostegno o un intervento immediato.

A rivolgersi all’associazione non sono solo pazienti oncologici, ora le cure palliative si sono allargate anche a persone affette da malattie come sclerosi multipla, Alzheimer, Parkinson, demenza senile, scompenso cardiaco e altre patologie non curabili.

Il numero dei malati dislocati in tutto il territorio dell’Asl tortonese è sempre variabile.

I pazienti solitamente sono a casa, ma possono essere anche in strutture residenziali come le case di riposo.

L’hospice di riferimento sul territorio è quello di Alessandria. “Oggi – come spiega la Camagna – le cure palliative in Italia stanno facendo passi in avanti e un esempio è il modello ‘simultaneos care’ che prevede l’integrazione tra terapie oncologiche e cure palliative a partire dalla diagnosi o dalla prima terapia senza aspettare che la malattia progredisca e nel caso di guarigione i pazienti vengono dismessi”.

In seno all’associazione “Enrico Cucchi” tutti hanno un loro compito ben definito. I volontari hanno diversi incarichi come accompagnare ogni giorno i pazienti oncologici a fare i day hospital tenendo loro compagnia, occuparsi di varie mansioni come andare a prendere le medicine, fare i trasporti con le macchine per quelli non allettati o seguire la distribuzione e il ritiro dei presidi medici e poi ci sono le persone che si occupano della segreteria. Come sottolinea Enrica, che è addetta alla segreteria della sede associativa in via Mirabello, tutti i volontari si adoperano per fare tutto quello che possono con spirito di servizio e non vanno mai in ferie, ma sono sempre pronti a dare una mano. Fondamentale in questi anni è stato l’aiuto della Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona che ha sostenuto economicamente l’associazione e che mette a disposizione alcuni spazi della residenza Lisino a uso magazzino.

Gli altri fondi arrivano dalla sensibilità di privati cittadini che hanno donato i mezzi di trasporto e da manifestazioni organizzate dai volontari come lo spettacolo natalizio o il calendario fotografico, giunto alla sua quarta edizione e realizzato sempre grazie all’opera del fotografo Gaston Jung che aveva lavorato addirittura con Fellini. Molto importanti anche i corsi per formare nuovi volontari, mirati soprattutto alla comunicazione che deve aiutare ad affrontare temi difficili con serenità. Chi ha compiuto 21 anni può avvicinarsi all’associazione e seguire il corso che solitamente è una volta all’anno e dura circa sei settimane.

L’associazione “Enrico Cucchi” è una realtà che merita attenzione e rispetto perché da tanti anni, senza clamore, ma con serietà e determinazione, opera accanto a chi soffre e ha poche speranze per dare una qualità di vita migliore e per donare un sorriso e una parola buona.

La malattia, infatti, si può vincere non solo con le medicine, ma anche con la voglia di sperare e di lottare sempre, fino alla fine.

Daniela Catalano

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