Beata Antonia Mesina

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La beata Antonia Mesina, come santa Maria Goretti, è una “martire della purezza”, perché fu uccisa mentre si opponeva a un tentativo di violenza sessuale. Giovanni Paolo II la beatificò il 4 ottobre 1987 e la Chiesa la ricorda il 17 maggio, giorno della sua morte. Antonia, seconda dei dieci figli, nacque il 21 giugno 1919 a Orgosolo in provincia di Nuoro, un paese della Barbagia sulle alture a nord dei monti del Gennargentu. Si formò alla scuola della Gioventù Femminile d’Azione Cattolica, dal 1929 al 1931 ne fece parte come “beniamina” e dal 1934 al 1935 come socia effettiva. Di carattere riservato e deciso, si distinse per la sua modestia, per la generosa dedizione alla famiglia e per la sua semplice e fervorosa carità verso tutti. Partecipava attivamente alla vita della comunità come testimonia una foto che la ritrae con il ricco costume, tipico delle feste dell’Assunta e di Sant’Anania. Il 17 maggio 1935, dopo aver partecipato alla S. Messa nella parrocchia di san Pietro, si recò nel bosco circostante per raccogliere legna e mentre si trovava in località “Obadduthal” fu avvicinato da Ignazio Giovanni Catgiu, un giovane compaesano, il quale cercò di avere un rapporto con lei che, invece, si oppose fermamente. Accecato dal rifiuto, il ragazzo l’aggredì con violenza.

La ragazza riuscì inizialmente a fuggire. Inseguita dall’assassino fu raggiunta e colpita più volte con un sasso.

La resistenza di Antonia impedì la violenza sessuale ma scatenò ulteriormente la furia di Ignazio che la massacrò con 74 ferite. Il popolo di Orgosolo partecipò compatto il 19 maggio 1935 ai solenni funerali.

Il fratello Giulio rivelò poi che Antonia aveva letto il libro di S. Maria Goretti che conosceva bene. Tra i testimoni diretti dei fatti legati al martirio, c’era il Procuratore generale della Repubblica a Genova, Francesco Coco. Il giudice, assassinato l’8 giugno 1976 dalle Brigate Rosse a Genova, nel maggio del 1935 era giudice istruttore del tribunale di Nuoro e presenziò all’autopsia della martire. L’assassino fu condannato a morte il 27 aprile 1937 e fucilato il 4 agosto dello stesso anno. Fu Armida Barelli, il 5 ottobre 1935, a raccontare a papa Pio XI la vicenda di Antonia, “primo fiore reciso della Gioventù Femminile di Azione Cattolica. Il 22 settembre 1978 la Santa Sede approvò l’inizio del processo di canonizzazione. Dal 1994 Antonia riposa, vestita con l’abito da sposa orgolese, nella cripta sottostante la chiesa parrocchiale di san Salvatore, accanto all’antica casa natale.

Daniela Catalano

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