Beata Benedetta Bianchi Porro

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Benedetta Bianchi Porro era una giovane laica, provata dal-la sofferenza, vissuta con forza e serenità. Nel 2019 è stata beatificata da Papa Francesco.

Nacque l’8 agosto 1936 a Dovadola, in provincia di Forlì, nella diocesi di Forlì-Bertinoro. Era una bambina piena di vita, che crebbe in una famiglia religiosa con quattro fratelli e sorelle.

Appena nata fu colpita da un’emorragia e le fu conferito il battesimo di necessità.

Cinque giorni dopo, il 13 agosto, riacquistata la salute, fu battezzata con il nome di Benedetta Bianca Maria.

A tre mesi si ammalò di poliomielite, che le lasciò la gamba destra più corta dell’altra, costringendola a portare una pesante scarpa ortopedica.

Tra marzo e maggio del 1937 fu colpita da ripetute bronchiti e da un’otite purulenta bilaterale. Gli altri la chiamavano “la zoppetta” per prenderla in giro, ma lei non se ne curava. Nel maggio 1944 ricevette la prima Comunione e 15 giorni dopo la Cresima. In quello stesso mese iniziò a scrivere il suo “Diario segreto”, per annotare pensieri quotidiani. Terminate le elementari dalle suore, frequentò le scuole medie a Brescia, dalle suore Orsoline. A 13 anni si accorse di non sentire più come prima. Nessuno, però, capì il perché. Durante l’Anno Santo del 1950 si recò a Roma, Assisi e Loreto. Nel 1951 si trasferì a Sirmione, sul lago di Garda, dove il padre ingegnere era direttore delle Terme e vi rimase fino alla morte. Nonostante la precaria situazione di salute, nell’ottobre del 1953, a soli 17 anni, si iscrisse all’Università di Milano. Prima scelse di intraprendere gli studi di Fisica e poi si iscrisse a Medicina. Fu proprio lei, grazie ai suoi studi, che riuscì a fare la diagnosi della sua malattia: neurofibromatosi diffusa. In breve tempo perse l’uso delle gambe, diventò cieca e le rimase solo un filo di voce. Le condizioni si aggravarono ancora e il 30 novembre 1960 inviò al rettore la domanda di “rinuncia agli studi”. Nel gennaio 1961 riprese a scrivere il diario, sospeso durante gli anni universitari e accettò di vivere serenamente la malattia. Nel 1962 fece il primo pellegrinaggio a Lourdes.

L’unico contatto con il mondo esterno passava attraverso il palmo della sua mano. La madre comunicava attraverso dei segni con lei che rispondeva con un impercettibile bisbiglio.

Il 20 gennaio 1964 si confessò e ricevette la comunione e il 23 gennaio morì. Fu inizialmente padre David Maria Turoldo a curare l’edizione dei suoi scritti. La salma della Beata, di cui 23 gennaio ricorre la memoria liturgica, riposa nella chiesa di Sant’Andrea a Dovadola.

Daniela Catalano

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