Beato Antonio Lucci

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Questa settimana il Beato di cui parliamo è Antonio Lucci, vescovo dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, beatificato il 18 giugno 1989 da san Giovanni Paolo II e ricordato il 25 luglio.

Nacque il 2 agosto 1682 ad Agnone in Molise. A quindici anni manifestò la volontà di entrare nell’Ordine dei Minori Conventuali di S. Francesco e nel 1698 fece la professione dei voti assumendo il nome di Antonio. Nel 1705 insieme all’amico, Francesco Antonio Fasani, futuro santo ricevette l’ordinazione sacerdotale e nel 1709 conseguì il titolo di “padre maestro” (dottore) in Teologia. Iniziò a dedicarsi all’insegnamento nei ginnasi e nei collegi dell’Ordine: a Ravello prima e poi a Napoli. Nel 1718 fu eletto ministro provinciale dell’Ordine nella provincia di S. Angelo, e mantenne l’incarico per un anno. Nel 1719 divenne reggente del Collegio di San Bonaventura presso la basilica dei SS. Dodici Apostoli in Roma. Durante i dieci anni di reggenza produsse trattati teologici, filosofici e storici per i suoi alunni; eminenti personaggi del clero e della nobiltà capitolina gli chiesero pareri su questioni dottrinarie e morali. Da umile frate francescano, dedito alla preghiera, studioso di teologia e maestro delle verità di fede, educatore ed esperto di ascetica, il Beato fu scelto per uffici importanti nella sua comunità fu chiamato da Benedetto XIII tra i teologi del Sinodo Romano del 1725. Fu lui a tenere la prolusione ufficiale nel Sinodo Provinciale di Benevento e gli fu commissionata un’opera contro il giansenismo. Il 7 febbraio 1729 fu nominato vescovo di Bovino, in Puglia. Alla profonda dottrina del teologo e dell’insegnante il Beato unì l’amore per i sacramenti e per i poveri. Nel suo governo pastorale ebbe a cuore soprattutto la riorganizzazione religiosa, culturale e sociale della diocesi: durante gli oltre vent’anni di episcopato si preoccupò di istituire la scuola elementare e di istruire il clero con l’aiuto di sacerdoti diocesani e non solo. Organizzò anche corsi di catechesi per i ragazzi. Lottò contro le pesanti ingerenze dell’aristocrazia locale a danno della Chiesa e dei poveri. Arrivò a privarsi integralmente dei beni vescovili per dare una concreta risposta alle incalzanti esigenze della carità in un ambiente di miseria endemica. Il cappuccino Gennaro da Crispano scrisse: «Vestiva i nudi, e dalla mattina fino alla sera continuamente dispensava limosine alli poveri, dandoli grano, danari, letti, biancarie fino a spogliarsi delle proprie vesti, e anche della camicia».

Morì al mattino del 25 luglio 1752, dopo circa due settimane di malattia.

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