Biden: «La democrazia americana è stata messa sotto assedio»
Unanime condanna della Chiesa all’assalto al Campidoglio di Washington
Il 6 gennaio alcune centinaia di supporter di Donald Trump hanno assaltato il Campidoglio di Washington, mentre era in corso la seduta in cui il Congresso avrebbe dovuto ratificare formalmente la vittoria del nuovo presidente eletto.
Per Joe Biden l’attacco ha rappresentato «uno dei giorni più bui nella storia della nazione» e ha condannato gli assalitori pro-Trump come «terroristi interni». «Non è stato dissenso. Non era disordine. Non era una protesta – ha dichiarato Biden – Non chiamateli manifestanti. Erano una folla ribelle, insorti, terroristi domestici».
Vedere sventolare dentro il tempio della democrazia bandiere confederate e manifestanti, agguerriti, avanzare di fronte a una polizia incapace di porre resistenza, ha sconvolto il mondo e gli stessi americani. Per la prima volta in America è stata messa a rischio la sicurezza delle massime cariche dello Stato.
«Questo è l’inevitabile risultato di quattro anni di bugie del presidente Donald Trump. – ha affermato il gesuita Bryan Massingale – Quattro anni in cui il presidente demonizza i suoi avversari. Quattro anni di inspiegabili abusi di potere, di retorica spericolata e minacce di violenza velate, alimentati dal risentimento razziale, dall’ansia e dalla paura dei bianchi». L’insurrezione ha fatto quattro vittime, tra cui una donna colpita proprio dagli agenti a pistole spianate in difesa della Camera.
L’America della fede e delle fedi si trova a dover rispondere anche degli abusi sui simboli religiosi usati al servizio della retorica presidenziale e dei suoi supporter, tra gli scranni del Congresso e fuori, per rifiutare la sovranità del popolo e ostacolare l’elezione di un presidente.
«Vedere persone violente e ribelli che invadevano quello spazio civilmente sacro era così inquietante. – ha dichiarato il vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Los Angeles, Robert Barron in un video – Questo deve finire e lo dico da americano ma, ancora una volta, anche da vescovo cattolico».
Per Johnny Zokovitch, direttore esecutivo di Pax Christi Usa, «gli eventi che si sono svolti al Campidoglio sono il risultato della demagogia di un uomo, il presidente Trump, e del fallimento di tutti coloro – politici, media, famiglia e altri – che hanno scusato, trascurato, consentito o anche incoraggiato l’odio e la retorica divisiva che ha definito il mandato di questo presidente».
«La transizione pacifica del potere è uno dei tratti distintivi di questa grande nazione – ha ribadito l’arcivescovo José H. Gomez, presidente della Conferenza dei vescovi Usa, condannando le violenze e chiedendo un rinnovato impegno – per i valori e i principi della nostra democrazia e per l’unità della nazione».
Trump è stato censurato dai principali social, che ne hanno bloccato il profilo. Specificando il rischio di incitazione alla violenza si levano intanto deputati e senatori, industriali, quotidiani nazionali che invocano il 25° emendamento, cioè la sua rimozione perché “incapace di adempiere i suoi doveri”.
Rientrando in aula per continuare la certificazione dei voti, dopo l’intrusione nel suo ufficio, la speaker della Camera Nancy Pelosi ha citato il Cantico delle creature di san Francesco: «Dio facci strumenti della tua pace», come segno di speranza, dopo un momento buio della storia. «Preghiamo affinché le Chiese d’America abbiano la forza della saggezza e sappiano essere una guida durante questa crisi per riportare il Paese sulla via della pace, della riconciliazione e della giustizia». Queste le parole del Consiglio nazionale delle Chiese di Cristo negli Stati Uniti (Ncc) che riunisce 38 Chiese e comunità rappresentando 40 milioni di cristiani negli Usa, che parlando di Trump ha aggiunto: «Denunciamo con forza il presidente per il ruolo che ha svolto nel provocare questa situazione, continuando a mentire sui risultati delle elezioni e rifiutando di concedere e accettare il risultato delle elezioni».