Carlo Orsi: la bontà non ha trucchi

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Lo chiamavano il “Mago buono dell’Oltrepò” e il 25 luglio è caduto il 25° anniversario della sua prematura scomparsa a causa del mesotelioma. Nella sua vita ha regalato un sorriso a tutti, facendo della passione per la magia un mezzo per aiutare gli altri

DI MARCO REZZANI

Per tutti era il “Mago buono dell’Oltrepò”. Già, perché la cifra stilistica di Carlo Orsi era la bontà, resa visibile da quell’inconfondibile sorriso che non lo abbandonava mai. Lo scorso 20 luglio è ricorso il venticinquesimo anniversario della sua prematura scomparsa, avvenuta nel 1999 a causa di un male il mesotelioma – che continua a far paura e a mietere vittime, spesso in giovane età. Come lui che di anni ne aveva soli 54. Riposa nel piccolo cimitero di Cecima, incantevole borgo in cui aveva scelto di vivere negli ultimi tempi insieme alla moglie Carla, tra i monti della Valle Staffora che tanto amava.

Nato a Pavia il 22 luglio del 1945, di professione faceva il fisioterapista, ma, smessi i panni di operatore sanitario, subito vestiva quelli adatti al palcoscenico dove poteva salire come mago, attore, presentatore, brillante. Un artista poliedrico, a 360 gradi, impeccabile, di un’eleganza d’altri tempi e capace di suscitare l’entusiasmo del pubblico. La magia l’aveva nel sangue, da quando aveva iniziato a praticarla giovanissimo. Sapeva stupire per l’abilità con cui proponeva a piccoli e grandi i suoi numeri, dai più semplici ai più complessi. Tanto che ben presto la sua fama si era estesa ben oltre i confini di Broni, la città dove abitava, e aveva raggiunto tante piazze nel Pavese, nell’Alessandrino e oltre. Abile a tal punto che il regista Beppe Recchia, a quel tempo alle prime armi e diventato poi famoso, l’aveva voluto nel 1981 tra i personaggi di punta di Antenna 3 Lombardia, seguitissima e in grado di dare qualche dispiacere in fatto di ascolti a mamma Rai in terra lombarda, nella trasmissione della domenica sera O la va o la spacca condotta da Gianni Magni.

Nel 1960 fece il suo esordio con la Filodrammatica bronese in Hotel Miramare, una “commedia moderna” scritta da Francesco Ferrari. Nel 1965 era nel cast di Gigione e Sandrina, una pièce in tre atti. Dello stesso anno è la sua partecipazione a Broni… ieri, oggi e domani. Nel 1969 nella cittadina oltrepadana debuttò la nuova compagnia del teatro dialettale bronese con Bron… Bron balabudè per la regia di Franco Mezzadra, grande autore e regista. Iniziò così l’epopea del teatro dialettale bronese attorno a Mario Salvaneschi, in arte Lasarat, e a un gruppo straordinario di attori. Carlo Orsi fu parte integrante di questa compagine che macinerà successi a non finire. Sapeva recitare, ballare, cantare (con un occhio di riguardo per l’operetta), era uno strepitoso “brillante” e lo fece in 5 e 3 vot mariana nel 1970, in Il suo gioco più difficile DI MATTEO COLOMBO Mangia sta mnestra o salta sta fnestra nel 1971, in Roba cara e don brut is trovan dapartut nel 1972 (nella replica del 12 settembre fu ospite Wanda Osiris), in Ragò ad pel d’inguri nel 1973, in I pagn brut is lavan in cà nel 1974. “Il fantomatico Carlo Orsi scriveva Il Giornale di Broni il 4 maggio 1969 – è abile a trasformarsi ora in un uomo, ora in una donna a seconda delle esigenze di scena, nei panni di un agente pacchiano, di una candida sposina o di una poliziotta dedita al servizio”.

Faceva parte di una generazione di uomini e donne innamorati del proprio paese. Lo si vedeva in prima linea anche nella Pro Loco impegnato a organizzare le imponenti “Feste dell’Uva”. Ma il meglio di sé lo dava davanti a un pubblico per lui speciale, fatto di bambini e ragazzi oppure di anziani. Era di casa in oratorio a Broni per le feste di Carnevale o quando lo si coinvolgeva in qualche evento, come era felice quando si esibiva per gli ospiti della Fondazione Cella o per quelli del “Don Gnocchi” di Salice Terme o in tanti altri luoghi, dove era chiamato a portare un sorriso e una ventata di allegria. Ed è qui che, in modo specialissimo, veniva fuori la bontà del “Mago”, la sua carità cristiana, il suo desiderio di seminare il bene, nel senso più bello e autentico, mettendosi al servizio degli altri, a partire dai più “piccoli”.

Attraverso l’arte della magia ha servito e fatto sue decine e decine di cause di beneficenza, senza distinzione alcuna. Dove c’era bisogno, lui era presente.

“Carissimo mago – scriveva il piccolo Federico Coccia il 5 marzo 1987 dopo aver assistito a un suo spettacolo – ti scrivo questa letterina per esprimerti la mia gratitudine per averci fatto divertire tanto. Sei stato fantastico, bravissimo, in verità ti dico che non mi ero divertito tanto da quando sono nato. Il gioco che più mi ha incuriosito è stato quello delle due bottiglie, non riuscivo proprio a capire come riuscivi a trasportare un fiocchetto da una bottiglia all’altra”. E Carlo era solito inviare a tutti i suoi piccoli spettatori un autografo, un gesto tanto semplice quanto testimone della sua grandezza d’animo. Protagonista di mille altre avventure. Come quella del 1990. Giunto da poco a Broni, l’allora parroco mons. Mario Fascioli avvertì la necessità di “ricostruire” la comunità e scelse di partire dal coinvolgimento della gente e ideò una “Settimana mariana” con tanto di arrivo della statua della Madonna di Fatima – ancora oggi veneratissima – con l’elicottero. Costituì un “Comitato mariano” e vi mise a capo proprio Carlo Orsi. Fu uno straordinario evento di fede e di popolo. Con orgoglio i collaboratori portavano al braccio la fascia con la scritta “Comitato mariano” che Carlo aveva loro consegnato, come indimenticabile fu la gioia provata in una serata di maggio quando migliaia di lumini sui davanzali di tutte le case della città offrivano uno spettacolo davvero suggestivo di cui il regista era ancora una volta il “Mago dell’Oltrepò”.

Insieme al compianto Mino Baldi curò il volume San Contardo d’Este, Pellegrino, Confessore, Patrono di Broni, un’opera monumentale, ancora punto di riferimento per la conoscenza del santo estense. Portò la magia anche tra gli atleti delle Olimpiadi di Los Angeles, Barcellona e Seul dove fu impegnato come intrattenitore, oltre che come preparatore atletico della Nazionale Italiana di Baseball.

Sul numero dell’ottobre 1999 della rivista “Magia Moderna”, Carlo Faggi – in arte Mago Fax – scrisse un commosso ricordo di Carlo Orsi: “Con lui scompare un valente professionista e un vero gentiluomo dai modi cortesi e dalla cultura poliedrica. Valente scrittore, apprezzato cantante d’operetta, mago dalla grande comunicativa e dalla passione sconfinata ha saputo trasformare la sua arte in una vera e propria missione dedicata a tutti coloro che necessitassero di un attimo di serenità e comprensione”. In uno dei tanti articoli apparsi nei giorni dell’ultimo saluto, si leggeva: “Tu per tutti noi sei e rimarrai soprattutto il Mago del Sorriso, della Bontà, dell’Amicizia e anche il mago della Sofferenza. Il tuo sorriso era la dolcezza più serena, era sempre come una stupenda giornata di primavera”. La magia di un sorriso: è stata ed è la vita e la testimonianza del “Mago buono”.

Il suo gioco più difficile

Di Matteo Colombo

È andata così e il trucco non c’è e non si vede. È finita che ho fatto il giornalista. Ma per un breve periodo della mia vita, dai 10 ai 15 anni o giù di lì, ho coltivato una vera e propria passione per la magia. Quella bianca, s’intende. Collezionavo libri, giochi di prestigio e mi piaceva esibirmi per amici e parenti facendo scomparire fazzoletti nella mano e facendo apparire fiori di carta che spargevo per casa. Fu allora che conobbi Carlo Orsi, grazie all’amico Gino Marchesi, musicista di jazz e strepitoso clarinettista del mio paese, Cervesina, che una sera, complice Lasarat che Gino conosceva benissimo, mi fece incontrare “il mago dell’Oltrepò”. Un mito per me o – come dicono i bambini un eroe… del palcoscenico. Ero emozionato, intimorito, insomma, da apprendista mago, desideroso di stupirlo. Lui un professionista; io un Harry Potter senza scopa volante. Gli feci qualche giochetto e Orsi ebbe la pazienza di stare a guardarmi. Aveva due occhi enormi, dolci, una gentilezza innata, i modi di fare di un amico. Mi dedicò il suo tempo e le sue parole; rimanemmo a parlare a lungo, tra un consiglio e l’altro; mi fece sentire importante. Poi mi presentò altri due professionisti del settore: il mago Fax e il mago Marvy, che avevano scritto quella che per me era la Bibbia della prestidigitazione: l’enciclopedia Stupire. Da allora, complice, come al solito, il mio papà che mi fa sempre felice, presi a frequentare il loro negozio di articoli di magia in via Hajech a Milano. Ogni occasione, compleanno, Natale, feste erano buoni per acquistare nuovi giochi e allungare il mio modestissimo show. Dopo, passata l’età dell’adolescenza, la passione per la scrittura prese il sopravvento. Eppure i giochi di magia sono ancora tutti là, nel mio cesto di paglia e ogni volta che mi capita di vedere un prestigiatore esibirsi, mi brillano ancora gli occhi. Quel che non ho mai messo via (insieme al suo autografo) è il ricordo di un uomo speciale: Carlo Orsi. Prima di oggi per me “Broni” era Orsi, era Mario Salvaneschi. Sul palco, con la giacca rossa, era il signore che mi apriva le porte del mondo della meraviglia. Gli voglio bene perché mi ha insegnato il trucco più difficile: far comparire dal nulla la gentilezza e la bontà. A lui riusciva sempre; io devo ancora perfezionarlo. Grazie Carlo.

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