Chi ben comincia…

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31 dicembre: tempo di bilanci, di buoni propositi per l’anno a venire e di giobbesco spirito di sopportazione per i festeggiamenti. I rituali preparatori dei ragazzi sono assai articolati e prevedono le più disparate opzioni.

Quest’anno l’organizzazione è stata molto carente, ci sono state defezioni di amici partiti per la montagna, pertanto lo sparuto quartetto di reduci di cui mia figlia si è trovata a far parte ha iniziato a elaborare le più fantasiose ipotesi: «Abbiamo deciso (notare la risolutezza dell’affermazione) che a Capodanno andremo in Riviera in treno, dormiremo a casa di S. e poi il giorno dopo ci potrete venire a prendere». Mi si rizzano i capelli sulla testa, ma cerco di contenere il naturale urlo di negazione, tentando la diplomatica via della conciliazione giudiziale. Il seguito è anche peggio: «V. ci ospiterebbe a casa sua a Courmayeur, sai che bello Capodanno sulla neve?».

Fra tentennamenti e mugugni, sono costretta a cedere sul fatto che i ragazzi si muovano in autonomia con un amico patentato e in un attimo ci ritroviamo al mattino del 31 dicembre con la soluzione finale: «Facciamo la cena qui a casa nostra e poi per mezzanotte andiamo in un locale a Salice. Tu e papà potete (da interpretarsi dovete) uscire, siete contenti?»: stento a contenere l’entusiasmo.

Alle 19 mio marito e io veniamo cacciati di casa e girovaghiamo in auto nella città deserta, in attesa dell’ora propizia per il binomio cinema-pizza che allieterà la nostra serata. Alle 23.30 riteniamo che i ragazzi ormai siano arrivati nel centro della movida nostrana e rientriamo a casa pregustando l’idea di spumante-panettone-crema al mascarpone per festeggiare la mezzanotte. Alle 23.55, mentre il tappo della bottiglia sta per saltare, ecco il suono pestifero del cellulare: «Mamy (se esordisce con Mamy vuole qualcosa), c’è un piccolo problema». Perdo all’istante cinque anni di vita, pensando al peggio. «Siamo a Casalnoceto, abbiamo bucato, ci venite a prendere?». Guardo mio marito, paralizzato con la bottiglia in mano e con lo sguardo concupiscente verso la crema: «Va bè, facciamo il brindisi e vado».

Così, nei primi istanti del 2020, il povero padre si mette in auto sotto il fuoco incrociato dei botti e dei fuochi artificiali per recuperare i quattro naufraghi e condurli a destinazione, dove saranno poi recuperati per il ritorno da un altro fortunato genitore.

Alle 0.40 mi risuona il cellulare: «Mamy (a ridaje), papà è già tornato? Qui sono tutti vecchi e c’è musica anni Ottanta: vorremmo venire a casa». Non posso riportare la mia furente e colorita risposta, ma solo il mio buon proposito per l’anno nuovo: un corso di meditazione zen, utile per ogni evenienza!

Silvia Malaspina

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