Chi di rete ferisce…

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Di Ennio Chiodi

Le indagini sono terminate, l’inchiesta è chiusa. La Procura di Milano chiede che Chiara Ferragni venga rinviata a giudizio e quindi sottoposta a processo con l’accusa di “truffa aggravata e continuata in concorso con altri” in relazione alle operazioni commerciali “Pandoro Balocco Pink Christmas” (Natale 2022) e “Uova di Pasqua Chiara Ferragni, sosteniamo i bambini delle Fate” (Pasqua 2021, 2022). Le società che fanno capo alla Ferragni, secondo l’accusa, avrebbero conseguito in queste operazioni un “ingiusto profitto pari a 2 milioni e 250 mila euro”. Sarebbero state “pianificate e diffuse” comunicazioni di natura “decettiva” (ingannevole, nel linguaggio giuridico) volte a indurre in errore i consumatori. In discussione, insomma, non è solo un eventuale comportamento fraudolento per ottenere vantaggi di tipo economico, ma avere tradito, consapevolmente, la buona fede e la fiducia di consumatori, follower e convinti estimatori di Chiara Ferragni e delle sue proposte commerciali, prese come i saggi consigli di una cara amica. Ma – come è noto – più in alto si vola, più lunga e disastrosa potrà essere la caduta. E Chiara, con il suo compagno di vita e d’affari Federico Fernando Lucia, in arte Fedez, stava volando molto in alto. La caduta non si è ancora conclusa: i bilanci della ditta Ferragni reggono bene nel 2023 e calano nel 2024, ma non tanto quanto ci si aspettava. Il tempo passa e la capacità di resilienza, come si dice oggi, potrebbe anche far rinascere dalle ceneri qualche società del gruppo, la più importante delle quali si chiama proprio “Fenice”: i casi della vita. Il disastro sta nel crollo del brand, della reputazione di Chiara come testimonial indiscussa e credibile di generazioni diverse di consumatori. Inevitabili conseguenze la crisi di un matrimonio che appariva felice e la distruzione di una famiglia da “Mulino Bianco” seppur coperta d’oro e denari piuttosto che di farina. Uffici smobilitati e abbandonati; collaboratori in difficoltà anche a trovare altre collocazioni professionali; marchi che chiudono o non rinnovano i rapporti con una delle influencer più potenti del mondo; negozianti e rivenditori che – si mormora – nascondono i prodotti targati Ferragni spostandoli da scaffali ed espositori dove solo qualche mese prima erano esposti in bellavista; associazioni di difesa dei consumatori che si scatenano e delle quali ci si chiede dove fossero prima. Attesi e puntuali – di questi tempi– gli insulti via social che si riversano dai profili di chi aveva contribuito con like a creare l’impero Ferragnez. Ma questa è la logica: chi di rete ferisce di rete perisce. Dall’amore incondizionato all’odio feroce il passo è breve.

enniochiodi@gmail.com

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