Chi lavora in Diocesi mostra il volto della Chiesa che è madre
Il 23 marzo la riunione del vescovo con la Curia
TORTONA – Mercoledì 23 marzo, nel salone della Caritas, si è svolta la riunione del vescovo con tutti gli Uffici di Curia. L’incontro è stato l’occasione per una riflessione sull’importanza della Quaresima nella vita di ogni persona che lavora per la Diocesi.
Mons. Marini ha esordito invitando tutti i presenti a non perdere di vista il cuore della fede e ha richiamato l’attenzione sul cammino quaresimale, da vivere non «come una sorta di abitudine stanca che non dice più nulla» ma come «il segno dell’amore del Signore che non si stanca di noi, nonostante i nostri tradimenti e le nostre infedeltà». Per riscoprire l’amore paziente di Dio e tornare a Lui con tutto il cuore la Quaresima offre tre piste – digiuno, preghiera ed elemosina – che illuminano la strada verso Pasqua.
Per quanti lavorano in Curia, ha ribadito Mons. Marini, «è importante vivere la vita della fede e rispondere alla chiamata del Signore». Ed è importante ricordare anche che si svolge un servizio.
Il quale «non è mai l’assunzione di un potere». Rivolgendosi ai presenti li ha esortati a spendersi con entusiasmo, con passione e con gioia ma a vigilare sul rimanere distaccati e a non diventare “padroni” del proprio ruolo. «Noi serviamo la Chiesa ma non ce ne serviamo per noi». Il servizio di chi lavora in Curia è al ministero del vescovo e alla Diocesi e «deve saper coniugare efficienza ed efficacia. Sarebbe inutile l’efficienza se non ci fosse l’efficacia che attinge al lavorare per il Signore».
L’efficacia per chi svolge un compito «va oltre l’efficienza, attinge al Signore e riguarda un piano diverso da quello umano».
Solo quando efficienza ed efficacia sono insieme al servizio della Diocesi si raggiunge la vera fecondità del proprio operato. Per mantenere vivi i due elementi sono di aiuto momenti come la Messa e l’adorazione mensile, la possibilità di pregare personalmente nella cappella dell’episcopio e la recita dell’Angelus settimanale. Molto importante è anche lo stile che si adotta che deve essere sempre quello della vicinanza, della prossimità, con l’apertura al dialogo, al confronto e allo scambio. «Noi siamo – ha detto – il volto della Chiesa che è madre, che ascolta, che sostiene, che illumina. Abbiamo una responsabilità grande.
Il volto della Chiesa si rivela attraverso di noi. La nostra parola, i nostri gesti, il nostro comportamento, il nostro modo di relazionarci per telefono, per lettera e di persona: tutto deve trasmettere la squisita maternità della Chiesa. Questo dà un significato profondo a quello che stiamo facendo». Per vivere pienamente il ruolo che ognuno ricopre è fondamentale mantenere sempre desta la carità reciproca e verso quanti bussano alla porte della Curia.
Evitando la divisione e coltivando il rispetto e la compassione è possibile essere accoglienti ed efficaci.
Prima della recita dell’Angelus, il vescovo ha ringraziato quanti operano al servizio della Diocesi e ha augurato loro di proseguire con entusiasmo nel prezioso lavoro svolto.
Daniela Catalano