Ciliegie di casa nostra
di Maria Pia e Gianni Mussini
Quando arriva la prima estate Gianni e Maria Pia, armati di congrui recipienti, si danno alla raccolta di ciliegie selvatiche: vicino a casa loro ci sono tre alberi che riescono a produrre una dose cospicua di frutti, piccoli ma gustosissimi. E a Maria Pia, che ama fare le marmellate, non sembra vero: cogliere le ciliegie, snocciolarle con pazienza e metterle nel pentolone con lo zucchero, dove sobbollendo pian piano cambiano colore e consistenza, per trasformarsi nel giro di un paio d’ore in una massa luminescente e profumata, dal colore inimitabile e dal gusto paradisiaco. Le brillano gli occhi dalla gioia.
Durante l’ultima raccolta, Maria Pia ha ricordato un aneddoto familiare che le è caro. Suo papà Ugo, geometra molto sui generis presso un’impresa di lavori pubblici, si era trovato alle prese con un esproprio. Si trattava di un canale di irrigazione in Lomellina, e la ruspa già percorreva implacabile il terreno coltivato per procedere ai lavori di scavo, ed ecco a sbarrarle la strada un enorme ciliegio carico di frutti, che doveva cedere il passo al progresso.
Detto fatto, papà Ugo blocca la ruspa. Chiede chi sia il proprietario del terreno e lo manda a chiamare: l’albero sarà sì abbattuto, ma non prima che ne vengano raccolti i frutti (che altrimenti andrebbero persi) da parte dell’agricoltore che li aveva fatti crescere.
Amore per la natura? Rispetto per il cibo offerto dalla terra? Delicatezza nei confronti di chi fatica per ottenere dei risultati? Un po’ tutte queste cose insieme, frutto (è il caso di dire) delle sue esperienze di vita: era stato scout, aveva frequentato i Barnabiti a Voghera ed era stato cuciniere di un gruppo partigiano in montagna. (Ma finita la guerra si trovò amico, in quel di Gambolò, di una coppia di buoni fascisti che, senza figli, finirono per “adottare” Maria Pia, infatti da sempre legata a quel paesaggio lomellino. Queste storie possono succedere solo in Italia!).
Il papà di Maria Pia, lo abbiamo detto, era un geometra speciale: nulla di quelle caratteristiche che si attribuiscono alla categoria (ognuna del resto “gode” della propria generalizzazione: i letterati teste per aria, i giuristi azzeccagarbugli, ecc.). Aveva infatti un senso estetico educato dalle sperimentazioni più raffinate dell’arte contemporanea ma era anche capace di applicarlo – grazie a una manualità da provetto artigiano – agli oggetti domestici. In un attimo ti produceva, per esempio, l’avveniristica poltroncina che per anni è rimasta nel salotto di casa e ora è conservata dalla nipote Cecilia come un prezioso cimelio.
Ma tutto partiva dai valori forti che aveva ereditato e da un animo sensibile alle cose belle e grandi (anche se piccole come ciliegie!).
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