“Coltivatori e non predatori: occorrono limiti etici allo sviluppo”

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Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato. Pubblicato il Messaggio del Papa per l’appuntamento del 1° settembre, sul tema “Spera e agisci con il creato”

DI TIZIANA CAMPISI

La speranza è la strada che Papa Francesco indica per ritrovare l’armonia con la natura nel suo Messaggio per la Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato, che ricorre il 1° settembre di ogni anno ed è stata istituita dallo stesso Pontefice nell’agosto 2015. Per la decima edizione il tema scelto è “Spera e agisci con il creato”. Speranza per non rimanere schiacciati davanti al “male nel mondo”, all’ingiustizia, alle “tante guerre fratricide che fanno morire i bambini, distruggono le città, inquinano l’ambiente vitale dell’uomo”, e alla “madre terra, violentata e devastata”, perché la speranza rende consapevoli del fatto che “tutto il cosmo ed ogni creatura gemono e anelano impazientemente” al superamento della condizione presente e al ristabilirsi di quella originaria, ossia quella antecedente al peccato di Adamo.

Pure il creato “è soggetto alla dissoluzione e alla morte, aggravate dagli abusi umani sulla natura”, evidenzia Francesco nel documento, pubblicato lo scorso 27 giugno, ma anche la “creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio”, dunque “nella redenzione di Cristo” si può “contemplare in speranza il legame di solidarietà tra gli esseri umani e tutte le altre creature”. È una speranza, come sottolinea il Pontefice, da coltivare rendendosi conto dei pericoli che l’uomo può generare, perché, come già ribadito nella Laudate Deum, nonostante i “progressi tecnologici” compiuti, “non ci rendiamo conto che allo stesso tempo siamo diventati altamente pericolosi, capaci di mettere a repentaglio la vita di molti esseri e la nostra stessa sopravvivenza”. Il potere umano, infatti, è ormai “incontrollato, genera mostri e si ritorce contro noi stessi”.

Per tale motivo, afferma Francesco, “oggi è urgente porre limiti etici allo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, che con la sua capacità di calcolo e di simulazione potrebbe essere utilizzata per il dominio sull’uomo e sulla natura” e non a “servizio della pace e dello sviluppo integrale”. Bisogna comprendere che “lo Spirito Santo ci accompagna nella vita”, come “hanno capito bene i bambini e le bambine riuniti in piazza San Pietro per la loro prima Giornata Mondiale”, scrive il Papa, spiegando che Dio “è Padre amorevole, Figlio amico e redentore di ogni uomo e Spirito Santo che guida i nostri passi sulla via della carità”, perciò obbedire allo Spirito porta l’uomo a cambiare “radicalmente”, a essere “coltivatore del giardino” e non “predatore”.

“La terra è affidata all’uomo ma resta di Dio. Questo è l’antropocentrismo teologale della tradizione ebraico-cristiana”, chiarisce Francesco, aggiungendo che, invece, “pretendere di possedere e dominare la natura, manipolandola a proprio piacimento, è una forma di idolatria” e che “l’uomo prometeico, ubriaco del proprio potere tecnocratico”, in maniera arrogante, “priva” la terra “della grazia di Dio”. “Oggi, anche grazie alle scoperte della fisica contemporanea, il legame tra materia e spirito” non ci è del tutto ignoto e questo aiuta a comprendere che “la salvaguardia del creato” è “una questione, oltre che etica, eminentemente teologica: riguarda, infatti, l’intreccio tra il mistero dell’uomo e quello di Dio”, fa notare il Papa, intreccio che “risale all’atto d’amore con cui Dio crea l’essere umano in Cristo”, e allora “c’è una motivazione trascendente (teologico-etica) che impegna il cristiano a promuovere la giustizia e la pace nel mondo, anche attraverso la destinazione universale dei beni”.

Il Messaggio di Francesco invita a vivere concretamente la speranza, perché “l’esistenza del cristiano è vita di fede” che è “operosa nella carità”, mentre attende il “ritorno del Signore nella sua gloria”. E allora questa speranza i credenti devono testimoniarla “dentro i drammi della carne umana sofferente”, “animati da visioni di amore, di fratellanza, di amicizia e di giustizia per tutti”, facendo sì che “la salvezza cristiana” entri “nello spessore del dolore del mondo”, che è quello dell’uomo e della natura, che è il suo “ambiente vitale”. Poiché tale speranza “sa che tutto tende alla gloria di Dio, alla consumazione finale nella sua pace”, anche se nel tempo che scorre “condividiamo dolore e sofferenza”. E se “la creazione intera geme”, ricorda il Papa, resta fiduciosa “in Dio” e si affida a Lui, “in vista della realizzazione del suo disegno, che è gioia, amore e pace nello Spirito Santo”.

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