Come onoriamo i morti e come trattiamo i prigionieri
Vorrei parlare oggi della tragica morte del carabiniere Mario Cerciello Rega. Vorrei farlo perché mi pare giusto e doveroso che resti un ricordo di lui su queste pagine perché quando viene ucciso un servitore dello Stato dobbiamo onorarlo. Un rappresentante delle forze dell’ordine accoltellato per strada a Roma: la notizia è stata un dolore per tutti. In un Paese normale esprimeremmo il nostro cordoglio e ci metteremmo a pregare, in silenzio. Ma questo sta diventando un Paese in cui la normalità è un fatto straordinario. L’ordine, appunto. Mario è morto perché venga rispettato, insieme alle leggi, ed è stato, poche ore dopo, commemorato in un disordine sconcertante, tra commenti pieni di protervia, violenza verbale, frasi che inneggiano ad altre simboliche coltellate. Chi insinua che la dinamica dei fatti accaduti nella notte tra il 26 e il 27 luglio sia piena di lati oscuri. Chi grida alla sedia elettrica per i due americani fermati con l’accusa di omicidio. Una professoressa di Novara che scrive oscenità su FB martoriando la memoria di Rega e poi viene sospesa. Chi si dice di destra e provoca la reazione di chi è di sinistra; chi si aspetta che la parte politica avversaria strumentalizzi comunque il caso; chi ha scambiato i due presunti assassini per extracomunitari, per nigeriani, per neri e allora avanti con la retorica dei “porti chiusi”. Chi, infine, proprio all’interno dell’Arma, ha bendato Christian Gabriel Natale Hjorth con le mani legate dopo l’arresto ed è stato trasferito dal Comando provinciale ad altro ufficio. Chi l’ha fotografato e ha diffuso la foto. Ditemi: è così che si manifesta il dolore e il lutto? È così che si prega in silenzio? È così che si ha rispetto dell’uniforme e dello Stato? E mi domando ancora: è mai possibile che ogni situazione già di per sé drammatica diventi ancora più esplosiva? Che anche un carabiniere ammazzato sia il pretesto per lo scontro politico e per la più bieca della propaganda? È ovvio che i colpevoli debbano essere assicurati alla Giustizia, ma è anche ovvio che la civiltà di una nazione si misuri da come tratta i prigionieri e da come seppellisce i suoi morti. Questo lo sanno anche i ragazzini, lo imparano i liceali sui banchi di scuola. Da quale germe di odio vi nasce la forza di continuare ad accapigliarvi in quel modo? Onore al vicebrigadiere Rega. E poi tutti zitti.