«Con la pandemia cresce il disagio psicologico degli adolescenti»

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L’analisi di Raffaella Di Comite dirigente di Neuropsichiatria infantile dell’ASL AL

NOVI LIGURE – L’emergenza sanitaria ha travolto tutti ma ha destabilizzato soprattutto gli adolescenti con la sostanziale modifica dei loro stili di vita.

Le scuole a singhiozzo, chiuse per la maggior parte del tempo, il lockdown, l’isolamento forzato, i problemi economici e familiari hanno determinato conseguenze molto serie. Ne abbiamo parlato con Raffaella Di Comite, dirigente medico della Struttura Complessa di Neuropsichiatria Infantile (NPI) della ASL Alessandria e Disability Manager del Comune di Novi Ligure che ci ha aiutato ad analizzare il problema.

La situazione che stiamo vivendo può avere delle conseguenze per quanto riguarda l’equilibrio piscologico e il comportamento nei ragazzi?

«L’esperienza pandemica e le conseguenti misure di distanziamento sociale stanno realmente determinando un impatto negativo sulla salute mentale dei bambini e degli adolescenti, tanto da rappresentare una vera e propria emergenza che, proprio nell’ultimo periodo, è stata portata all’attenzione delle massime autorità competenti a livello nazionale e regionale sia dalla SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza) che da quasi 200 medici NPI delle regioni Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta tramite una lettera aperta, disponibile alla lettura sul sito della ASL AL».

I media riportano spesso notizie di atti di autolesionismo, violenza, risse tra adolescenti. La sua esperienza rileva un incremento delle situazioni a rischio?

«Sia le strutture di Neuropsichiatria Infantile sia i Servizi di Psicologia ricevono ogni giorno richieste di aiuto di genitori in grave difficoltà nel gestire i segnali di sofferenza manifestati dai propri figli, sia bambini sia adolescenti.

Le strutture di Neuropsichiatria si trovano in grande sovraccarico e difficoltà nel rispondere adeguatamente: le Divisioni di NPI ospedaliere per la saturazione dei posti letto e i servizi territoriali per il significativo aumento della richiesta».

Si sente parlare sempre più spesso di giovani con evidenti problemi: è una tendenza esplosa dopo la pandemia?

«In realtà l’aumento della sofferenza psichica nei bambini e negli adolescenti è un fenomeno osservato già prima dell’emergenza sanitaria; basti pensare che negli ultimi 10 anni si è assistito al raddoppio dei minori in carico presso i Servizi di NPI e che 200 bambini e ragazzi su 1000 soffrivano già di un disturbo neuropsichico».

Dal suo osservatorio può dirci se l’isolamento ha amplificato il disagio psichico nei ragazzi e che disturbi ha notato?

«L’emergenza sanitaria ha avuto un impatto fortemente negativo sui bambini e sui ragazzi; la frequenza scolastica interrotta, la sospensione delle attività sportive, ricreative e aggregative, ha costretto molti giovani a restare soli in casa per diverse ore, davanti a un computer, mantenendo rapporti con i propri coetanei tramite chat o videogiochi.

Tutto ciò si è sovrapposto, in certi casi, a situazioni di fragilità o di debolezza di legami famigliari o nel contesto di situazioni problematiche a livello sociale o economico, aggravate o indotte dal lockdown.

Non va dimenticato che molti ragazzi sono stati esposti alla perdita di nonni o di persone care, a lutti ravvicinati, senza avere la possibilità dell’ultimo saluto.

Per questi motivi molti manifestano ansia marcata che impedisce loro di uscire o di riprendere la frequenza scolastica in presenza e, talvolta, anche in DAD, lamentano rilevanti disturbi del sonno o dell’alimentazione, marcata depressione fino a pensieri suicidari, aggressività con gravi disturbi del comportamento.

Il fatto rilevante è che tali manifestazioni si presentano anche in fasi precoci dello sviluppo».

Come si può prendere in carico e gestire la sofferenza psichica dei ragazzi?

«È fondamentale che le famiglie e gli operatori scolastici osservino e monitorino i segnali precoci del loro disagio, per favorire un tempestivo accesso alla rete dei servizi di cura, dove è auspicabile che si crei una rete curante multidisciplinare (medici, psicologi, assistenti sociali, educatori) in grado di definire un percorso terapeutico per il sostegno dei ragazzi in sofferenza e delle loro famiglie. La costruzione di tale rete, è ovvio, non può prescindere dall’implementazione dei servizi di cura e, pertanto, il desiderio è che vi siano, nelle massime autorità competenti, una crescente consapevolezza e attenzione rivolta alla prevenzione e cura della salute psichica dei nostri bambini e adolescenti».

Cristina Bertin

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