Condoglianze non “vivissime”
di Patrizia Ferrando
Un momento lieto e solenne, come una nascita o un matrimonio o, agli antipodi, un lutto, riguarda qualche famiglia di nostra conoscenza, ma fuori dalla cerchia dei nostri amici più vicini. Occorre felicitarsi o far pervenire due righe di cordoglio. Il telegramma parla in modo formale, il biglietto è più declinato sull’emotività. La frequenza d’uso dovrebbe rendere facilissimo preparare le nostre “parole per dirlo”, per indirizzare quelli che sono in prima battuta segni di educazione, al dunque, tuttavia, nonostante in media le occasioni si presentino almeno alcune volte in un anno, molti esitano.
Cominciamo con il dire che la via telegrafica, in senso materiale e in senso di estrema brevità, si presta particolarmente a porgere un messaggio quasi codificato.
A questo proposito, a facilitare anche i meno portati all’espressione scritta o alla sintesi, giunge la convenzione per cui alcune formule, specie di cordoglio, anche se triste, appaiono comunque corrette. Meglio risultare un po’ banali che inopportuni. In pratica: meglio scrivere che si partecipa al dolore della famiglia X o porgere condoglianze per la triste perdita, che avventurarsi in strampalati tentativi filosofici o ambigui richiami alla comprensione del dolore altrui.
Attenti agli aggettivi per le condoglianze.
Possono qualificarsi “sincere” o “sentite”, magari “profonde”: ma “vivissime” trascina verso il tragicomico. Va benissimo un cenno alla preghiera o al conforto della fede, se sappiamo che i destinatari condividono le nostre scelte religiose.
Quando invece l’evento è felice, da fuggire restano soprattutto le battute di spirito e le citazioni effetto cioccolatino e ancora le esclamazioni spropositate. Dirsi sorpresi perché qualcuno si sposa o colpiti e commossi da una laurea, suona quantomeno ambivalente e anche poco carino verso i protagonisti, non vi pare?
Oggi molti utilizzano come mezzo per le condoglianze e per le congratulazioni WhatsApp, reputandolo più facile e meno dispendioso. In realtà, un atteggiamento tradizionale e un poco più di formalità danno il giusto senso di considerazione, un tocco che può tradursi in futura memoria, inducendo alcuni a conservare telegrammi e biglietti.
I biglietti, semplici cartoncini bianchi, come accennavo, vanno destinati a chi si conosce un po’ meglio o al tipo di persone che condividono con noi pagine di passato, anche se non di presente. Il loro testo non deve scaturire fluviale, però va ponderato.
Cercate un ricordo speciale, uno solo, oppure mettete in una riga l’emozione del momento, chiedendovi quanto provate. Sarà perfetto.
patrizia.marta.ferrando@gmail.com