Di generazione in generazione

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Gli adolescenti di oggi hanno scardinato molte abitudini legate al tempo libero trascorso tra le mura domestiche: non più la televisione tradizionale, ma canali smart e serie tv on demand, non più musica da CD ma dal telefonino, non più libri cartacei ma abbandono della lettura o, nel migliore dei casi, passaggio all’e-book.

Debbo riconoscere che mia figlia, pur essendo pienamente rispondente ai primi tre canoni, si distacca da quest’ultima prassi, avendo sempre amato molto leggere.

All’inizio furono i libri pop-up della prima infanzia, seguiti dai volumetti delle “Fiabe della Buonanotte”, per arrivare, nell’età scolare, alle intere serie di Geronimo e Tea Stilton. Ci fu poi una folgorante passione per la saga di Harry Potter, seguita dai grandi classici per lettori in erba, e così via, senza soluzione di continuità, fino ad oggi, tanto che la capiente libreria Billy, pur rimpinguata di anno in anno, ormai rischia il collasso. Il merito va a una naturale predisposizione, ma anche all’aver incontrato nel percorso scolastico insegnanti che l’hanno sensibilizzata e spronata in tal senso, con il pregevole risultato che oggi la si vede spesso spiaggiata sul divano in compagnia di un libro. I gusti spaziano a 360° gradi: dai “libri” commerciali scritti dalle youtuber, alle “bibbie” dei campioni di nuoto, ai romanzi. Recentemente ha preso in prestito dalla biblioteca della scuola “Tonio Kroger”: il commento è stato: «Ma sì, abbastanza bello, però ’sto Thomas Mann era un po’ depresso». Le propongo: «Devi leggere “I Buddenbrook”, vedrai che l’autore è un po’ meno depresso». Pur con la connatura diffidenza, acconsente ma, quando vede le dimensioni del volume, mi lancia uno sguardo torvo: «Ma tu sei matta! Figurati se posso leggere un mattone così; certo che voi che avete fatto il classico siete tutti storditi». Incasso senza parteggiare nell’eterna diatriba tra i due licei: «Prova, al limite sospendi!».

Brontolando come una pentola di fagioli in ebollizione, la ragazza affronta la scalata al romanzo e, dopo poche pagine, corre a prendere carta e penna: «Ci sono troppi nomi in tedesco, li segno, altrimenti perdo il filo».

Passano i giorni e noto che il segnalibro si sposta inesorabilmente in avanti, ma non ricevo commenti e quindi mi astengo dal farne a mia volta.

Arrivata al termine del volume, ecco il verdetto: «Stupendo! È un libro appassionante come una serie tv. Ho letto su Wikipedia che ne è stato tratto anche un film: adesso lo scarico, sono troppo curiosa».

Pretendere un “grazie del consiglio” sarebbe eccessivo: mi accontento della soddisfazione di condividere con la discendenza l’apprezzamento per un romanzo che, mi vergogno quasi, ho letto cinque volte.

Silvia Malaspina

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