Difenditi dalle domande inopportune

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di Patrizia Ferrando

Le buone maniere, ragionevolmente, vengono in genere affrontate come sistema di norme individuali. Gli unici comportamenti sui quali possiamo davvero influire, del resto, sono solo e soltanto i nostri; per quanto riguarda l’educazione di chi incontriamo sul nostro cammino, al massimo la speranza sta in un circolo virtuoso dell’emulazione per cui, comportandosi nel migliore dei modi, anche altri si mettano su una simile lunghezza d’onda. Non risulterà mai bon ton, anzi, esattamente il contrario, rimproverare in pubblico qualcuno che abbia contravvenuto a una regola del galateo; anche in privato, e con tatto, azzarderemo farlo notare solo in caso di estrema confidenza.

Esistono, tuttavia, circostanze in cui le buone maniere funzionano da barriera contro la scarsa educazione altrui. Fra queste, il purtroppo non raro trovarsi alle prese con osservazioni e domande poco opportune e sgradite. Primo consiglio: cerchiamo di non prendercela (troppo) e di ricordarci come, la maggior parte delle volte, uscite peggio che infelici evindenzino il frutto dei limiti altrui. Se la frase suona veramente grave, capace di ferire, meglio ignorarla totalmente e cambiare discorso. L’alternativa sta in un secco: «Come hai detto? Non credo di aver capito bene», il quale, tuttavia, non sempre tronca le intenzioni antipatiche, con rischio di conseguenti discussioni. Circostanze abbastanza lievi, eppure sgradevoli, ad esempio la conoscente che afferma di trovarci ingrassate o stanche o «strane», si superano con la felice noncuranza. Un sorriso distratto, e una frase in sostanza priva di significato, tipo: «Ma guarda…», dovrebbero frenare la linguacciuta.

La classificazione, poi, delle domande stonate, riempirebbe interi capitoli. Sembra così ovvio che non bisogna porle: perché suonano invadenti, inutili, a volte presuntuose, a volte sgarbate. Eppure ne girano non poche. Spaziano dal vostro privato, con salute, matrimonio, figli, alle questioni di lavoro, a quelle di denaro. Si riconoscono subito per quanto differiscono dall’interessamento di chi vi vuole bene. Respingerle, con gentilezza, così come non voler rispondere, è un diritto. Come? A volte ripetendo la domanda, altre con una non risposta: «Vedremo» oppure «Quando il Signore vorrà». Se vi chiedono il prezzo di un oggetto e non vi va di dirlo, replicate domandando se intendono comprarne uno simile. Da tenere a mente: non occorre, e nemmeno indica buona educazione, giustificarsi oppure sminuirsi davanti a chiunque. Le vostre libertà, che non ledono alcuno, non hanno bisogno del visto dei curiosi.

patrizia.marta.ferrando@gmail.com

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