È ora di fare figli?
Di Silvia Malaspina
Care coppie di futuri genitori, mi rivolgo a voi in modo generico e anonimo, ma so che siete là fuori, avete un’età over 30, avete consolidato la vostra storia d’amore nel matrimonio e vi state chiedendo: «È il momento giusto per avere un figlio?». Questo è il dilemma che avviluppa la nostra società e che fa sì che l’Italia si collochi al terzultimo posto nella classifica dei Paesi europei per indice di natalità: peggio di noi solo Grecia e Cipro! Eppure, mai come in questo periodo, ho notato come il tema sia particolarmente caldo: in occasione della recente Giornata per la Vita, Papa Francesco ha affermato: «Mi unisco ai vescovi italiani nell’esprimere riconoscenza alle tante famiglie che accolgono volentieri il dono della vita e nell’incoraggiare le giovani coppie a non avere timore a mettere al mondo dei figli». Di altro tenore, ma sempre in tema di accoglienza, Barbara Palombelli, madre di tre figli adottivi, in un monologo nella trasmissione Le Iene, ha lanciato un chiaro messaggio: «Capisco le difficoltà di chi ha paura, di chi preferisce fabbricare un figlio in questi meravigliosi laboratori… ma farei la scelta dell’adozione tutta la vita». Belle parole, vero? Tuttavia la realtà con la quale vi dovete misurare, cari “genitorandi”, non vi aiuta a decidere e vi incastra, se siete persone normali, con stipendi normali, con un tenore di vita normale, tra il buttarsi nell’impresa o il dilazionare sine die in attesa del momento giusto che, se arriverà, sarà, con buona probabilità, fuori tempo massimo. Volendo essere realisti, dobbiamo prendere atto che l’Italia non è oggi un Paese child-friendly: se molte lavoratrici testimoniano che durante i colloqui di selezione si sono sentite rivolgere domande per capire se vi sia un “rischio” di futura maternità, cosa vi potete aspettare? È pur vero che la normativa prevede congedi parentali fino al compimento del dodicesimo anno della prole ma, se in un qualsiasi posto di lavoro, un genitore pretendesse il pieno godimento di quanto gli spetterebbe per legge, creerebbe innegabili disagi nell’organizzazione interna e, molto probabilmente, sarebbe demansionato, con relativa riduzione del compenso. Quindi cari genitorandi, in attesa di un radicale cambio di passo nel mondo del lavoro, non vi resta che sperare che qualcuno alzi finalmente la voce per denunciare la carenza di sistemi welfare e di politiche familiari più mirate: avere un figlio e accompagnarlo verso il futuro, vi assicuro, è un’avventura straordinaria, ma “per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio” e questo, purtroppo, ancora manca.
silviamalaspina@libero.it