San François Régis Clet

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La Chiesa il 18 febbraio ricorda il martire Francesco Régis Clet, nato a Grenoble, in Francia, il 19 agosto 1748. Era il decimo di quindici figli e apparteneva a una famiglia profondamente religiosa. Poche le notizie sulla sua giovinezza. Pare che frequentò il collegio reale di Grenoble dove compì gli studi classici.

Sentendo la chiamata alla vita religiosa entrò a Lione nel noviziato dei Preti della Missione fondati nel 1625 da san Vincenzo de’ Paoli, chiamati anche Lazzaristi o Vincenziani ed emise i voti il 18 marzo 1771.

Fu ordinato sacerdote il 27 marzo 1773 a Lione.

Iniziò il suo incarico come professore di Teologia al Seminario di Annecy godendo di una grande stima e ammirazione per la sua santità e la sua cultura, tanto da essere chiamato “biblioteca vivente”.

Delegato dai confratelli a partecipare all’assemblea generale della congregazione della Missione tenuta a Parigi nel mese di giugno 1788, fu nominato, dal suo superiore generale, direttore dei novizi a San Lazzaro, casa madre della Congregazione. L’anno dopo scoppiò la rivoluzione. La folla irruppe nella Casa di San Lazzaro e la saccheggiò selvaggiamente.

Obbligato a lasciare la Francia, il santo chiese e ottenne il permesso di partire per le missioni in Cina e nel mese di aprile del 1791 si imbarcò per l’Oriente.

Per trent’anni trascorse una vita da missionario ed evangelizzò tre grandi provincie dell’impero cinese: il Kiang-Si, il Hou-Kouang e l’Ho-Nan.

Nel frattempo mantenne una fitta corrispondenza con la sorella più grande e con uno dei fratelli, un religioso trappista. In queste lettere raccontava le sue avventure, le sue pene e le sue fatiche senza mai lamentarsi. Nel 1819 essendo scoppiata una violenta persecuzione fu obbligato a lasciare la sua casa e a fuggire nei boschi, nascondendosi nelle caverne, ma un giorno fu tradito da un cristiano che svelò il luogo del suo nascondiglio e fu portato davanti ai giudici e gettato in prigione. Più volte fu chiamato a comparire davanti ai governatori di Ho-Nan. Non gli fu risparmiato nessun supplizio. In ginocchio su delle punte di ferro, con delle travi ai piedi e alle mani, dovette sopportare tutte le brutalità dei suoi aguzzini, che manifestarono una rabbia inaudita fino a bastonarlo a sangue. In mezzo alle più atroci sofferenze rimase sempre calmo, paziente e con il viso sorridente sopportava tutto senza lamenti. Fu, infine, condannato a morte per strangolamento, con l’accusa di aver corrotto molta gente.

L’esecuzione avvenne il 18 febbraio 1820 a Wuchang.

Le sue spoglie rimasero in Cina fino al 1858, quando furono traslate Parigi. Fu beatificato nel 1900 e canonizzato, insieme ad altri 119 martiri uccisi in Cina, il 1° ottobre del 2000 da Giovanni Paolo II.

Daniela Catalano

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