Fuori dal nido
di Silvia Malaspina e Carolina Mangiarotti
Si parla spesso della “sindrome del nido vuoto”, quella malinconia che assale i genitori e in particolare le mamme, quando i figli, ormai cresciuti e non più bisognosi di cure e attenzioni costanti, iniziano il loro percorso di vita autonomo e, come i passerotti, dapprima sperimentano voli di breve durata, per poi arrivare adeguatamente allenati e con le ali pienamente sviluppate a librarsi in cielo e a costruire un proprio nido.
In questo periodo anche il nostro nido è temporaneamente privo del proprio passerotto, ma la distanza tra i continenti nei quali oggi rispettivamente ci troviamo e le eventuali malinconie genitoriali vengono compensate da costanti comunicazioni e aggiornamenti in tempo reale, incuranti, per parte del volatile, delle otto ore di fuso orario di differenza. Se il buongiorno si vede dal mattino, già la notte dell’arrivo a destinazione è stata particolarmente effervescente: «Sono appena atterrata. Tutto bene. Qui sono le 18.30, ma sono freschissima perché ho dormito per tutto il volo.» «Benissimo, qui sono le 2.30 di notte, io sono cotta come il riso e ho trascorso una giornata in ansia, perché preferisco saperti con i piedi ben ancorati a terra, piuttosto che in volo intercontinentale… ci risentiamo quando arrivi al campus.» Trascorsi 5 minuti, ecco un ulteriore aggiornamento: «Non arriva la valigia. Lo sapevo: è andata persa! Che disastro! Mi ero portata la casa intera!» «Stai calma, hai fatto il check-in molto presto, quindi sarà finita sotto a tutte le altre!» «No, no, me lo sento, è perduta! Dovrò ricomprare tutto! Ah, aspetta: sta arrivando! Bene, vado al controllo passaporti: sei sicura che l’Esta sia valida? Non è che mi arrestano?» «Ma cosa vuoi che ti arrestino! Il Consolato ha rimandato il permesso vidimato!» Raggiunta la destinazione, la cronaca prosegue via WhatsApp: «Tutto be-ne, sono arrivate anche le mie compagne di stanza: una è tedesca e l’altra mi sembra sudamericana. Adesso andiamo in cerca di ci-bo.» «Va bene, scrivi, intanto ormai mi sono preparata una “cicaronata” di caffè e sono sveglia come un grillo.» Ed ecco la tragedia: «La mensa chiude alle 20! Non c’è cibo da nessuna parte se non nei distributori automatici. Mi avvelenerò già il primo giorno.»
Gradualmente il passerotto si ambienta nel nuovo habitat e le comunicazioni si diradano, ma sono comunque puntuali nel segnalare eventi pregnanti: «La mensa del college è un disastro! Non c’è nulla di commestibile e inoltre non ci lasciano uscire da soli a mangiare, quindi dobbiamo arrangiarci con le consegne in camera, che però si limitano ad hamburger e pizza. Cosa darei per un’insalata caprese!»
La morale, quindi, nel nostro caso è che la sindrome del nido vuoto colpisca maggiormente chi ha spicccato il volo, a causa della pungente carenza di mangime adeguato!