Giovani e dipendenze. Il “modello Stradella”

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Alcol, fumo, droga: gli adolescenti sono sempre più attratti e fanno uso di queste sostanze, soprattutto il sabato sera. Gli oratori possono diventare il luogo dove ricostruire uno spirito di comunità per affrontare il disagio

Una rete fra oratorio, istituzioni, scuole e forze dell’ordine. È quello che gli educatori dell’oratorio “San Giovanni Bosco” di Stradella hanno proposto per affrontare il problema delle dipendenze giovanili in città (come vi ha raccontato “Il Popolo” nel numero della scorsa settimana).

«A Stradella le droghe girano e troppo e non si può più far finta di niente», hanno evidenziato gli educatori. «I ragazzi già delle scuole medie si avvicinano a queste sostanze, al fumo di sigarette e all’alcol nonostante i progetti in campo per la prevenzione».

Stradella non è diversa dalle altre città della nostra diocesi (e dal panorama che si osserva a livello nazionale), ma può contare ancora sulla presenza di un oratorio attivo, attento e propositivo.

«Abbiamo deciso di cercare questa sponda con le istituzioni per confrontarci su questi temi, e poi, in un secondo momento per cooperare insieme», ci ha spiegato il presidente dell’oratorio, Alessandro Quaroni. «Abbiamo parlato di disagio giovanile in modo abbastanza ampio, e siamo giunti alla conclusione che è anche figlio di un disagio famigliare. Quello delle dipendenze è un fattore da tenere presente e da affrontare: soprattutto perché questo cercare di andare sempre “oltre” per amore del rischio, o anche per la noia, a volte, determinata da ciò che non si riesce a trovare nelle altre attività, è un pericolo sia per chi lo fa, sia per chi gli sta intorno».

La società è segnata dalle dipendenze e gli effetti di questa piaga non si limitano alla dimensione dell’oggi. Quanti accusano una o più forme di dipendenza in età giovanile dovranno fare i conti con le relative conseguenze per molti anni o per tutta la vita. L’età adolescenziale è sì generalmente vista come un momento delicato sotto il profilo psicologico, ma tra i 13 e i 25 anni il cervello va incontro anche a importanti cambiamenti neuro-biologici. Un’evoluzione cognitiva, relazionale e affettiva le cui risultanze rimarranno stabili per il resto della vita. Sugli aspetti psicologici si può lavorare molto; su quelli neurobiologici, una volta compromessi, molto poco.

La Fondazione “Veronesi” ha proposto di vietare il consumo di alcolici per i minori di 25 anni. Una provocazione? «L’alcol consumato tra i 12 e i 25 anni interferisce con il rimodellamento delle “sinapsi” cerebrali, la cui organizzazione rimane cristallizzata alla fase di sviluppo antecedente all’uso di alcol o di sostanze», scrive la Fondazione. «Il ragazzo o la ragazza che bevono in adolescenza e soprattutto quelli che fanno il “binge drinking” (coloro che si ubriacano regolarmente ogni fine settimana, ndr) manterranno da adulti una modalità di ragionamento prevalentemente infantile, o manifesteranno più frequentemente depressione o aggressività (tipiche degli adolescenti) nei comportamenti piuttosto che la razionalità di un regolare sviluppo cerebrale negli adulti».

La storia ci insegna che i proibizionismi non sono in grado di offrire risposte concrete. E ce lo ricorda l’attualità: oggi la vendita di sostanze alcoliche è vietata ai minori di diciotto anni. Eppure le cose vanno in maniera decisamente differente. Con conseguenze nefaste: per rendersene conto basta prendere in mano un giornale il lunedì e scorrere il “bollettino di guerra” del sabato sera. Anche uno dei nostri quotidiani locali: Salice Terme, Voghera, Tortona, Novi Ligure.

Il quadro delle dipendenze, oggi, è però decisamente più variegato rispetto a un tempo. Si parla di dipendenza dal gioco, dal web, dai videogiochi, dalla pornografia, dal sesso.

Dipendenze comportamentali che possono avere sull’evoluzione del cervello effetti paragonabili a quelli derivanti dalle sostanze chimiche.

Il sistema di contrasto alle dipendenze, in Italia, è fermo a modelli vecchi e molto diversificati su scala nazionale. E, soprattutto, basato sulle sostanze e non sulla “sostanza” del problema.

Spieghiamo meglio. Pochi giorni fa il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, si è espressa sul tema delle dipendenze. «È necessario andare nelle zone più degradate – ha detto la titolare del Viminale – che richiedono interventi particolari, lo Stato deve essere presente nelle periferie».

Dalle parole ai fatti: il ministro ha inviato una direttiva alle prefetture, indicando di potenziare la presenza delle forze dell’ordine nelle aree più a rischio. In questi giorni gli enti territoriali stanno quindi lavorando sul tema, con l’obiettivo di formare comitati per coordinare il controllo sul territorio e combattere lo spaccio.

Come primo atto di questo corso, poche settimane fa, ha preso il via la bonifica del bosco di Rogoredo; luogo simbolo, presso il quale si sono documentati abissi tremendi. Davanti ai quali è stato, in passato, troppo facile voltarsi e far finta di niente. Ma il problema si è solo spostato di qualche chilometro. A San Donato o al Parco delle Groane.

Succederà lo stesso alle nostre latitudini. Forse spariranno i pusher dall’area ferroviaria di Tortona, ma non sparirà certo per decreto la richiesta di sostanze stupefacenti in città e nei paesi limitrofi.

Il ministro ha anche detto, e correttamente, che non si può pensare di risolvere l’emergenza droga e lottare contro il consumo di sostanze tra i giovani, senza coinvolgere le famiglie e la scuola.

Ci permettiamo di aggiungere: senza che a mobilitarsi sia la comunità locale, attraverso le sue organizzazioni. Come, appunto, gli oratori.

Nella nostra diocesi le realtà oratoriali sono sviluppate principalmente nelle grandi città (Voghera, Tortona, Stradella).

La Fondazione “O.D.P.F.”, di concerto con la Diocesi di Tortona e la sua Pastorale Giovanile (diretta da don Cristiano Orezzi, che è anche viceparroco di Stradella), ha deciso di istituire alcune figure di “Responsabili di oratorio” laici, opportunamente formati e supportati da team di esperti, capaci di gestire le situazioni di disagio che si affacciano tra le mura parrocchiali. Non ultime, le varie forme di dipendenza. Seguendo gli esempi virtuosi già strutturati in altre diocesi, a cominciare da quella di Milano.

Gli oratori possono diventare il luogo dove ricostruire uno spirito di comunità. Quello che si è perso dappertutto – inutile negarlo – e che servirebbe anche a trovare formule per affrontare il disagio giovanile. I cortocircuiti emotivi. Le dipendenze.

Per informazioni, chiedere a Stradella.

Pier Luigi Feltri

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