I bambini pensano 2 volte

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Di Davide Bianchi

È da qualche anno che la mia collega e io abbiamo intrapreso la via piuttosto tortuosa e in salita di una sperimentazione didattica basata sull’uso sistematico della seconda lingua, nel caso specifico l’inglese. In estrema sintesi, questo metodo di lavoro consiste nel veicolare la lingua inglese nel contesto dell’insegnamento soprattutto della matematica e della geometria, ricorrendo alla lingua italiana qualora si presentasse la necessità di fornire ai bambini particolari delucidazioni in merito a pratiche o contenuti non ancora sufficientemente consolidati. Anche i principali vocaboli chiave appartenenti alle rispettive discipline vengono presentati in lingua inglese e successivamente tradotti in italiano, in modo tale che gli studenti dispongano e sappiano usare indiscriminatamente entrambe le versioni. Quindi lo schema è il seguente: le discipline insegnate dalla mia collega, che ineriscono alla sfera linguistico-espressiva, sono svolte rigorosamente in lingua italiana, mentre le mie, appartenenti al ramo più prettamente logico-matematico, sono in gran parte in lingua inglese. Credetemi, non abbiamo molte alternative: se vogliamo apprendere una lingua, la dobbiamo esperire con continuità e sistematicità, la dobbiamo declinare nelle pratiche della nostra vita concreta; insomma, la dobbiamo vivere e sentire sulla nostra pelle. Non imparo una serie di verbi inglesi studiando a memoria una lista di vocaboli stampati sulla pagina di un libro, bensì articolandoli in preposizioni, usandoli pragmaticamente in contesti reali, traslandoli da una situazione all’altra in forma sia interrogativa sia affermativa. Rimane aperta la questione se questo approccio “bilingue” sui generis possa inficiare o meno l’adeguato apprendimento della lingua italiana. Alla luce di quello che ho potuto vedere in questi anni, la struttura della lingua italiana, lungi dall’essere depauperata, ne esce nel medio termine potenziata e vivificata. Questo proprio grazie al continuo dialogo che si viene a generare tra le due lingue, alla loro costante interazione morfologica e grammaticale. I bambini pensano in inglese e in italiano, in pratica pensano due volte: istituiscono rapporti tra i due sistemi, instaurano rimandi da una lingua all’altra prendendo coscienza delle affinità e delle differenze sintattiche e semantiche. Nella loro testa si predispone una mentalità aperta al confronto, al dialogare inesauribile, al giocare lungo l’invisibile confine che separa il simile dal dissimile.

biadav@libero.it

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