I nuovi santi: 5 “luci gentili”

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Proclamati domenica scorsa da Papa Francesco, tra loro l’italiana Giuseppina Vannini. Poi l’appello per fermare le violenze in Siria ed Ecuador

CITTA’ DEL VATICANO – “Essere luci gentili tra le oscurità del mondo”: si è conclusa con questo invito l’omelia della messa celebrata domenica 13 ottobre in piazza San Pietro dal Papa, durante la quale sono stati proclamati cinque nuovi santi. I nuovi canonizzati sono il cardinale John Henry Newman, fondatore dell’Oratorio di San Filippo Neri in Inghilterra, Giuseppina Vannini, fondatrice delle Figlie di San Camillo, Mariam Thresia Chiramel Mankidiyan, fondatrice della Congregazione delle Suore della Sacra Famiglia, Dulce Lopes Pontes e Margherita Bays.

“È la santità del quotidiano, di cui parla il santo cardinale Newman”, ha spiegato Francesco, che ha preso in prestito le parole del nuovo santo: “Il cristiano possiede una pace profonda, silenziosa, nascosta, che il mondo non vede. Il cristiano è gioioso, tranquillo, buono, amabile, cortese, ingenuo, modesto; non accampa pretese, il suo comportamento è talmente lontano dall’ostentazione e dalla ricercatezza che a prima vista si può facilmente prenderlo per una persona ordinaria”.

Invocare, camminare, ringraziare, sono i tre verbi attorno a cui si è incentrata l’omelia.

“Abbiamo bisogno di guarigione, tutti”, ha esordito Francesco: “Abbiamo bisogno di essere risanati dalla sfiducia in noi stessi, nella vita, nel futuro; da molte paure; dai vizi di cui siamo schiavi; da tante chiusure, dipendenze e attaccamenti: al gioco, ai soldi, alla televisione, al cellulare, al giudizio degli altri. Il Signore libera e guarisce il cuore, se lo invochiamo. La fede cresce così, con l’invocazione fiduciosa, portando a Gesù quel che siamo, a cuore aperto, senza nascondere le nostre miserie.

Invochiamo con fiducia ogni giorno il nome di Gesù: Dio salva. La preghiera è la porta della fede, la preghiera è la medicina del cuore”.

“La fede richiede un cammino, un’uscita, fa miracoli se usciamo dalle nostre certezze accomodanti, se lasciamo i nostri porti rassicuranti, i nostri nidi confortevoli”, ha garantito il Papa: “La fede aumenta col dono e cresce col rischio”.

“Il punto di arrivo non è la salute, non è lo stare bene, ma l’incontro con Gesù”, ha spiegato Francesco: “La salvezza non è bere un bicchiere d’acqua per stare in forma, è andare alla sorgente, che è Gesù. Solo lui libera dal male, e guarisce il cuore, solo l’incontro con lui salva, rende la vita piena e bella”.

“Questa è la cosa più importante della vita: abbracciare il Signore della vita”, ha detto il Papa, secondo il quale “il culmine del cammino di fede è vivere rendendo grazie. Possiamo domandarci: noi che abbiamo fede, viviamo le giornate come un peso da subire o come una lode da offrire? Rimaniamo centrati su noi stessi in attesa di chiedere la prossima grazia o troviamo la nostra gioia nel rendere grazie?

Ringraziare non è questione di cortesia, di galateo, è questione di fede. Un cuore che ringrazia rimane giovane.

Dire: Grazie, Signore al risveglio, durante la giornata, prima di coricarsi è l’antidoto all’invecchiamento del cuore, perché il cuore invecchia e si abitua male”.

Prima di recitare l’Angelus, il Papa ha espresso un primo appello al Medio Oriente con queste parole: “Mi rivolgo in particolare all’amata e martoriata Siria da dove giungono nuovamente notizie drammatiche sulla sorte delle popolazioni del nordest del Paese, costrette ad abbandonare le proprie case a causa delle azioni militari: tra queste popolazioni vi sono anche molte famiglie cristiane.

A tutti gli attori coinvolti e anche alla comunità internazionale rinnovo l’appello a impegnarsi con sincerità, con onestà e trasparenza sulla strada del dialogo per cercare soluzioni efficaci”.

Il secondo appello del Santo Padre è stato per la situazione dell’Ecuador: “Affido il Paese alla preghiera comune e all’intercessione dei nuovi Santi, e mi unisco al dolore per i morti, i feriti e i dispersi.

Incoraggio a cercare la pace sociale, con particolare attenzione alle popolazioni più vulnerabili, ai poveri e ai diritti umani”.

M. Michela Nicolais

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